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Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica

Laboratorio Progettuale di Disegno Assistito dal Calcolatore
Prof. Umberto Cugini A.A. 2007/2008     

Ing. Luca Tenuta - Francesco Dolci - Marco Fisichella - Nicola Gatti -

 

Analisi Fem

Una volta ricostruito il modello 3D del telaio si è eseguita l’analisi  FEM per verificare la tenuta meccanica del pezzo e proporre spunti per un’eventuale ottimizzazione. Il software scelto per eseguire l’analisi è Abaqus, in quanto questo programma è decisamente più preciso ed affidabile del modulo FEM di CATIA.

 

 

Mesh

Il primo passo è stato l’importazione del file, processo che si è inaspettatamente rivelato laborioso e molto lungo. Dato che nei computer a disposizione non era disponibile la licenza per importare i file di CATIA, è stato necessario eseguire una conversione in formato “STP”. A causa della complessità della geometria del pezzo, l’importazione del pezzo in Abaqus ha provocato la creazione di geometrie imprecise e corrotte. Il software non era  in grado di costruire la mesh del pezzo in queste condizioni. Si è scelto quindi di seguire una procedura appositamente studiata per “meshare” pezzi complessi. A partire dal solido importato si è creata una “shell”, un guscio costituito dalle superfici esterne del pezzo. Anche in questo caso il programma non riesce a generare una mesh, tuttavia riesce almeno ad indicare quali sono le superfici che creano problemi come si nota in Figura 1. A questo punto utilizzando il comando “repair toolset” si sono andate a modificare e semplificare le parti più critiche. E’ stata poi generata una mesh dello shell costituita da elementi triangolari di 8 mm. A partire da questa è stata creata una “mesh orfana”, ossia non dipendente dal pezzo di partenza.

 

 

 

 

 

 

Figura 1 Mesh con errori di superficie evidenziati

Su questo tipo di elementi è possibile utilizzare strumenti particolari per l’editing delle mesh. In particolare è stata applicata la funzione “collapse short edges”, che unisce i nodi riferiti a spigoli di lunghezza inferiore ad un parametro specificato (Figura 2). A questo punto si è convertita la mesh di elementi triangolari in una mesh “solida” costituita da elementi tetraedrali lineari.

Tabella 1 Proprietà materiale

Materiale

Il telaio analizzato è in ghisa, tuttavia non è stato possibile conoscere precisamente quale tipo sia stato utilizzato. Sono state quindi effettuate delle ricerche per ipotizzare quale ghisa potrebbe essere stata adottata. SCM fonderie (http://www.scmfonderie.com) fornisce telai a diverse marche di pianoforti e in tutti i casi, pianoforti verticali e a coda, viene utilizzato lo stesso materiale: la ghisa grigia EN-GJL-200. Tale materiale presenta mediocri capacità di resistenza allo snervamento (vedi tabella 1). Tuttavia è da tenere presente nella successiva analisi degli sforzi che, a compressione, il comportamento della ghisa è fino a tre volte  migliore rispetto a quello a trazione.

 

 

Carichi

Si è deciso di applicare i carichi simulando l’azione delle corde sui singoli pioli. Quest’ultimi sono stati suddivisi in regioni in base a diversi criteri (si veda Figura 3). Si sottolinea che i carichi non sono gli stessi per tutti i pioli: sulle corde delle note “tricorda”, (cioè le note a cui corrispondono tre corde) gravano circa 60-70 Kg, sulle corde delle note “bicorda” gravano circa 84 kg  mentre sulle corde delle “monocorda” 91 kg. I dati dettagliati sono riportati in Tabella2 Si è dapprima tentato di assegnare i carichi come forze concentrate sui pioli, tuttavia in questo modo l’analisi forniva risultati evidentemente errati (sforzi massimi dell’ordine di 105 Pa). Si è pertanto deciso di utilizzare delle forze distribuite applicate ad una sezione del piolo situata a 1 mm dalla base. In questo modo si ottengono risultati significativi solo per quanto riguarda la struttura nel suo complesso, mentre gli sforzi dei singoli pioli verranno analizzati in seguito. Inoltre è stata trascurata la massa del telaio (pari a circa 83 kg), in quanto può essere considerata trascurabile rispetto ai carichi generati dalle corde.

Figura 3 Schema dei carichi applicati

Analisi FEM  Piolo

 

Verifica sforzi piolo

I pioli di ancoraggio delle corde sono tra i componenti del telaio  più  sollecitati a sforzo. Su alcuni di essi infatti, vengono ancorate due corde, tese con una forza di circa 60 kg ciascuna. Dato che questi elementi devono sostenere una tensione  di circa 120 kg, è fondamentale verificare che sforzi e deformazioni siano tollerati dai componenti. I pioli si presentano tutti uguali con sezione cilindrica  e diametro di circa 5mm e altezza 10mm. L’analisi viene eseguita su un piolo nelle condizioni peggiori, ovvero con un carico di 120 kg. Per eseguire l’analisi FEM si è schematizzato il carico che la corda esercita sul piolo come una forza distribuita su una porzione di semi superficie esterna del cilindro di base, con direzione parallela alla direzione della corda (Figura 11). La superficie evidenziata di rosso in Figura 6 rappresenta la zona soggetta a carico in Abaqus. Come si può osservare in Figura 11, lo sforzo massimo raggiunge un valore di circa 1.6*108 Pa. Poichè il limite di snervamento della ghisa utilizzata è 2x108 Pa è verificata la tenuta del piolo, anche se va sottolineato che siamo molto vicini al limite critico del materiale; inoltre il coeff. di sicurezza è di circa 1,24, valore tutto sommato accettabile per un pianoforte. Per questo si ritiene che, qualora si dovessero riprogettare alcune parti del telaio, sicuramente la sezione dei pioli dovrebbe essere maggiorata di qualche millimetro per garantire un margine di sicurezza maggiore. In alternativa si potrebbe pensare a un trattamento termico localizzato per aumentare la resistenza a snervamento dei pioli.

Figura 11 Analisi FEM piolo

Tabella 2 Carichi applicati al telaio

· Configurazione I :  

Incastro sui fori in corrispondenza del somiere, carrello sulla battuta del telaio e fori non vincolati nella parte inferiore

 

 

 

 

 

Figura 4 Struttura posteriore di un pianoforte

Vincoli

La definizione dei vincoli è stata la parte più critica dell’analisi FEM.  Come si può notare in Figura 4,(che si riferisce ad un altro pianoforte verticale simile a quello analizzato dal momento che la parte originale era completamente smontata), la struttura posteriore in legno è composta nella parte superiore da un blocco di legno massiccio dello spessore di circa 10 cm. Tale pezzo, chiamato somiere, ha lo scopo di fornire un ancoraggio per i supporti in legno a cui si fissano i perni di accordatura, o caviglie,  che fissano un capo della corda permettendo anche la regolazione della tono della nota.   che fissano un capo della corda permettendo anche la regolazione della tono della nota. E’ inoltre presente una cornice, sempre in legno massiccio, che ha lo scopo di fornire un supporto alla tavola armonica (dello spessore invece di circa 6-8 mm) e al somiere. 

E’ stato impossibile identificare un modello che schematizzasse esattamente le condizioni reali, a causa dell’interazione tra il supporto posteriore in legno e il telaio in ghisa. Infatti un capo delle corde è fissato al telaio; l’altro a dei supporti fissati alla struttura in legno. Si è scelto quindi di eseguire diverse prove di analisi FEM, imponendo di volta in volta ipotesi diversi sui vincoli. In particolare sono stati gli schemi di vincolo secondo le tre configurazioni di seguito analizzate.

 

NOTA: In seguito quando ci si riferisce alla “battuta“ del telaio si intende la zona evidenziata con la lettera A in Figura 3. Di seguito gli aggettivi “superiore” ed “inferiore” sono da intendersi rispetto alla posizione effettiva del telaio montato.

Questo modello rappresenta la condizione che secondo il nostro punto di vista modellizza meglio i vincoli reali. In tal modo il telaio in ghisa sostiene interamente la tensione delle corde, mentre la struttura in legno svolge solamente la funzione di sorreggere il telaio, la tavola armonica  e il gruppo della meccanica.

Tale modello (Figura 5) lascia completamente libera di deformarsi la parte inferiore del telaio; è stata cioè trascurata l’azione della parte inferiore della cornice esterna sul comportamento complessivo del telaio. Il modulo di elasticità di un generico legno è infatti di circa 12000 MPa, quindi di un ordine di grandezza inferiore rispetto alla ghisa. Considerare tale componente incrementerebbe di poco la  rigidità complessiva, ma ne complicherebbe di molto la modellizzazione. Inoltre, la conformazione della struttura è  tale da potere ipotizzare una grande deformabilità. Queste sono inoltre le ipotesi più gravose per il telaio, in quanto la tensione delle corde viene interamente supportata dalla zona compresa tra i pioli, i vincoli e il somiere.

 

 

 

· Configurazione II :    Incastro su tutti i fori e carrello sulla battuta del telaio 

Figura 5 Configurazione I

Figura 6 Configurazione II

Nella realtà una piccola parte di tensione verrà scaricata anche sulla cornice esterna, provocando tensioni nelle zone tra i fori fissati sulla cornice e i pioli. E’ stata quindi eseguita un’ulteriore analisi vincolando con incastro tutti i fori, compresi quelli della parte inferiore, alcuni dei quali nella realtà sono fissati alla tavola armonica mentre altri alla cornice esterna in legno (Figura 6). Questa configurazione modellizza il caso in cui la struttura ha un’elevata rigidezza anche rispetto al telaio in ghisa.

 

· Configurazione III :   Incastro sui fori in corrispondenza del somiere

Un altro dubbio riguarda l’interazione tra il telaio e i supporti in legno delle corde. Nel caso precedente si è ipotizzato che tra queste due parti si scarichi una porzione delle forze. Nel montaggio, variando leggermente la posizione di fissaggio del supporto si può aumentare o diminuire la sollecitazione scaricata su questo componente. Abbiamo provato a simulare un errore di montaggio, in cui viene lasciato gioco tra la battuta del telaio e il supporto. Nel modello questo implica l’eliminazione del carrello sulla battuta. Lo schema di vincolo è visibile in Figura 7.

 

Come già detto in precedenza nessuna di queste tre configurazioni, che prevedono ipotesi opposte riguardo all’interazione con il legno,  corrisponde esattamente alla realtà. Tuttavia ci proponiamo di trarre delle conclusioni da un confronto delle tre analisi.

Figura 7 Configurazione III

Configurazione III

E’ evidente che in questa situazione il telaio non reggerebbe. Il mancato contatto tra la battuta  del telaio e i supporti in legno causa degli sforzi altissimi (circa 500 Mpa). Un errore nel montaggio del supporto in legno potrebbe quindi causare la rottura del telaio.

Risultati Analisi FEM

In tutti i seguenti risultati bisogna tenere presenti le seguenti considerazioni:

· Gli sforzi sui pioli non sono realistici poiché la loro dimensione è inferiore a quella reale; infatti nella prima fase di modellizzazione il nostro interesse era focalizzato sul telaio, poiché per i pioli è stata eseguita successivamente un analisi più dettagliata (si veda paragrafo Analisi Fem Piolo).

· In alcune zone, a causa di imprecisioni geometriche in fase di mesh, gli sforzi risultanti non sono significativi.

 

Configurazione I

 

Sforzi

In questo modello gli sforzi, visibili in Figura 8, a si concentrano principalmente nelle travi centrali, in quanto in queste zone si scarica interamente la tensione delle corde. Gli sforzi massimi in particolare si verificano in corrispondenza dei raccordi che le uniscono ai supporti dei pioli. Oltre agli sforzi dovuti alla compressione, sono presenti anche quelli dovuti a momento flettente, che in queste zone assume valore massimo. Il valore massimo assunto è pari a circa 255 MPa. Il limite a snervamento è stato assunto pari a 200MPa, tuttavia questa parte è sollecitata prevalentemente a compressione, quindi lo snervamento si verifica a valori decisamente superiori ( vedi tabella materiale).

Figura 8 Sforzi configurazione I

Deformazione massima

In questo caso, essendo i fori della parte inferiore non vincolati e completamente liberi di muoversi gli spostamenti massimi non sono molto significativi. La direzione di massimo spostamento risulta ortogonale al piano di appoggio del telaio. I valori massimi, registrati nelle zone in corrispondenza dei pioli, dipendono dalla distanza tra i vincoli e il punto in cui viene applicato il carico. Variano quindi da un valore di 1 mm per quanto riguarda le zone di fissaggio delle corde acute ad un massimo di 6 mm per quanto riguarda i bassi. In questo caso infatti si ha una notevole distanza tra il vincolo e il carico applicato e conseguentemente una spostamento molto elevato.

Configurazione II

In questo modello la distribuzione degli sforzi è completamente differente. La forza applicata ai pioli infatti si scarica quasi interamente sugli incastri corrispondenti alla cornice di legno, situazione che sicuramente non si verifica nella realtà. Le travi centrali appaiono quasi scariche, mentre sono presenti sforzi abbastanza alti nella zona compresa tra i pioli e fori di fissaggio alla cornice in legno (Figura 9)  

Figura 9 Sforzi fronte configurazione II

Commenti Analisi FEM

 

· Correttezza dei risultati

Per verificare la coerenza dei risultati elaborati dal calcolatore tra la forma modellata si è analizzato un solido estruso di 25 mm del telaio (spessore medio del telaio), utilizzando il solo profilo esterno ed interno, molto simile ma decisamente più semplice rispetto al telaio modellato. Si è testato il pezzo con le stesse condizioni di carico e vincoli del telaio nel caso I ed i risultati ottenuti sono visibili nell’immagine dell’analisi FEM. I risultati degli sforzi massimi, pari a circa 10Pa forniti dal calcolatore risultano essere dello stesso ordine di grandezza di quelli ottenuti nel caso del telaio completamente modellato. Con questa analisi si è verificata anche la correttezza dei risultati forniti dal modello nel caso I. Il telaio così semplificato, è sicuramente meno soggetto ad errori di implementazione e risoluzione da parte del solutore FEM (Abaqus).

 

· Stabilità dei modelli

Per valutare la stabilità dei modelli testati, sono state eseguite due analisi FEM aggiuntive, relative alla configurazione I (telaio vincolato nei fori con incastro). Questo studio si esegue utilizzando diverse dimensioni di mesh; poiché la prima analisi FEM è stata svolta con mesh pari a 8 mm, le due analisi successive sono state effettuate variando le dimensioni. Una è stata eseguita con una mesh di 6 mm, l’altra con una dimensione di 10 mm. In questo modo è possibile valutare la variabilità dei risultati al variare della dimensione degli elementi di mesh. I risultati ottenuti sono molto simili: nel Grafico1 sottostante viene riportato lo sforzo ottenuto in funzione della dimensione della mesh nel punto indicato in figura 15b. Come si può osservare, l’andamento sembra essere  lineare, con un basso coefficiente angolare. Questo dimostra che i risultati sono poco soggetti alle variazioni delle dimensioni di mesh. Tutte le analisi FEM sono state effettuate con mesh di 8 mm e poiché al diminuire della grandezza di mesh lo sforzo decresce, i risultati ottenuti sono da considerarsi sovrastimati. Le condizioni di esercizio reali sono meno gravose rispetto a quelle ottenute  Questo dimostra la stabilità dei metodi e dei modelli da noi utilizzati.

Grafico 1 Sforzo in funzione della dimensione di mesh nel punto di telaio indicato in figura 2b

PianoFrame Web  Design 2008

Pioli

 

Mesh

Sforzo (fig. 2b)

log(sforzo)

[mm]

[Pa]

[Pa]

6

107477000

18.5338

8

109278000

18.5604

10

110366000

18.587