materiale
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Il PVC è sicuramente il materiale più utilizzato per la costruzione di scatole elettriche ad incastro. Il PVC, derivato dal sale (cloro 57%) e dal petrolio (etilene 43%), è una delle materie plastiche più utilizzate, grazie al costo di produzione contenuto, alle sue elevate prestazioni ed alle ampie possibilità applicative. Il PVC è un materiale di per sé rigido, atto a sopportare carichi a compressione e con buone caratteristiche di resistenza all'usura, agli agenti chimici ed al fuoco. Il PVC rigido è utilizzato per produrre film, fogli, lastre, tubi e profili, mediante l’uso delle tecnologie ad estrusione o a calandratura.
E' la materia plastica più versatile ed uno dei materiali più conosciuti e studiati, sia in termini di caratteristiche e potenzialità, sia per quanto riguarda la sicurezza e l’impatto ambientale. Il cloruro di polivinile, noto anche come polivinilcloruro o con la corrispondente sigla PVC, è il polimero del cloruro di vinile.
È il polimero più importante della serie di quelli ottenuti da monomeri vinilici ed è una delle materie plastiche di maggior consumo al mondo.
Puro, è un materiale rigido; deve la sua versatilità applicativa alla possibilità di essere miscelato anche in proporzioni elevate a prodotti plastificanti, quali ad esempio gli esteri dell'acido ftalico, che lo rendono flessibile e modellabile
STORIA
Il cloruro di polivinile fu osservato per caso in due occasioni nel corso del XIX secolo, prima nel 1835 da Henri Victor Regnault e quindi nel 1872 da Eugen Baumann. In entrambi i casi una massa bianca solida di polimero fu trovata all'interno di bottiglie di cloruro di vinile lasciate esposte alla luce solare.
All'inizio del XX secolo i tentativi di uno sfruttamento commerciale del prodotto da parte del russo Ivan Ostromislenskij e del tedesco Fritz Klatte della Griesheim-Elektron furono frustrati dalla difficoltà di lavorare il materiale, troppo rigido e fragile.
Nel 1926, Waldo Semon della B.F. Goodrich sviluppò una tecnica per rendere lavorabile il PVC, miscelandolo con degli additivi plastificanti. Il prodotto risultante, più flessibile e facile da lavorare, raggiunse presto un diffuso utilizzo.
I primi co-polimeri a base di cloruro di polivinile e acetato di polivinile furono prodotti dalla statunitense Union Carbide nel 1927; sei anni dopo, in Germania la IG Farben brevettava le tecniche di polimerizzazione in emulsione.
In Italia, uno dei principali produttori di PVC è stata la Montedison, che aveva nel polo petrolchimico di Porto Marghera, a Venezia, i suoi impianti di produzione del polimero e del monomero corrispondente. La prima impresa ad iniziare la produzione industriale di PVC nel nostro paese fu invece la S. A. Ursus Gomma di Vigevano (PV) che costruì, nel 1939, un nuovo impianto appositamente per la lavorazione del nuovo materiale.
Da allora il suo utilizzo si è diffuso progressivamente, tanto che oggi il PVC è largamente prodotto, in tutte le società industriali più avanzate.
In circa settant’anni di vita industriale, il PVC è stato sottoposto ad una serie approfondita di studi che ne garantiscono la sicurezza e l’affidabilità. Inoltre i processi industriali di produzione sono stati innovati costantemente per aumentarne l’efficienza e la produttività e per minimizzarne l’impatto ambientale.
IL CICLO DI PRODUZIONE
La reazione di polimerizzazione del cloruro di vinile porta alla formazione di lunghe molecole lineari
CH2=CHCl --> ...-CH2-CHCl-CH2-CHCl-CH2-CHCl-CH2-CHCl-CH2-CHCl-CH2-CHCl-CH2-CHCl-CH2-CHCl...
e viene innescata dall'aggiunta di un iniziatore, ovvero un composto capace di generare radicali liberi (ad esempio, il perossido di benzoile o l'acqua ossigenata).
La reazione è tale da privilegiare un abbinamento testa-coda delle molecole di cloruro di vinile, ovvero con gruppi alternati -CH2- e -CHCl- lungo la catena.
La reazione di polimerizzazione è esotermica, ovvero produce calore, pertanto la temperatura all'interno del reattore deve essere controllata in modo da impedire il surriscaldamento della massa di reazione, che potrebbe portare anche ad una reazione esplosiva. Per tale ragione la sintesi del PVC viene raramente condotta in massa, ovvero aggiungendo l'iniziatore ad una massa di clouro di vinile. Anche quando la reazione in massa viene mantenuta sotto controllo, si possono originare dei locali surriscaldamenti che alterano sensibilmente le proprietà meccaniche e l'aspetto del polimero ottenuto.
Per disperdere il calore di reazione, la reazione viene condotta in soluzione, in emulsione o in sospensione; in questo modo il mezzo liquido (un solvente o l'acqua) asporta il calore evaporando; i vapori vengono quindi condensati e riciclati nel reattore.
•in soluzione: il cloruro di vinile viene disperso in un solvente organico in cui il polimero sia insolubile, in questo modo la reazione procede in condizioni controllate ed il polimero viene purificato per semplice filtrazione. Pur ottenendo un polimero molto puro e dalle caratteristiche omogenee, il metodo trova applicazione solo su scala di laboratorio o di impianto pilota, dati i rischi ambientali e di sicurezza che pone l'utilizzo in grandi quantità di solventi organici.
•in emulsione: il cloruro di vinile, liquefatto per azione della pressione, viene emulsionato in acqua con aggiunta di sostanze che stabilizzano l'emulsione; al termine della reazione si ottiene un lattice dal quale il polimero viene separato per asciugatura con aria calda o per precipitazione. Il PVC ottenuto per emulsione presenta una migliore attitudine alla lavorazione perché per aggiunta di plastificanti risulta più fluido e facile da stampare, è tuttavia poco indicato per applicazioni speciali, data la sua maggiore igroscopicità rispetto al PVC ottenuto con altri processi e le peggiori proprietà elettriche, dovute alla presenza di residui dei prodotti necessari per stabilizzare l'emulsione e coagularla successivamente.
•in sospensione: è il processo più diffuso e consiste nel mantenere il cloruro di vinile disperso in acqua tramite agitazione e presenza di sostanze tensioattive; con l'aggiunta dell'iniziatore, ogni goccia di monomero polimerizza separatamente e si trasforma in una sferetta di polimero, recuperata per filtrazione e asciugatura.
I PRINCIPALI PROCESSI DI TRASFORMAZIONE
Stampaggio a iniezione
Lo stampaggio ad iniezione permette di produrre oggetti o componenti anche molto complessi con grande precisione di particolari. Le tecniche usate sono di due tipi, in relazione alle caratteristiche della pressa. Nella pressa a pistone il materiale plastico è immesso in un cilindro riscaldato, dove viene reso fluido e spinto da un pistone verso un piccolo ugello. Nella pressa a vite il materiale plastico, immesso nel cilindro riscaldato, viene spinto verso l'ugello da una vite rotante. In ambedue i casi il materiale, riscaldato fino alla fusione, viene iniettato a pressione in uno stampo fino a riempirne completamente la cavità. Avvenuta la solidificazione per raffreddamento, può essere aperto lo stampo per estrarne il manufatto.
Termoformatura
La termoformatura permette di modellare per effetto della pressione i film termoplastici rigidi, convenientemente riscaldati (ma senza raggiungere la temperatura di fusione), realizzando alveolature e cavità. Nella termoformatura sotto vuoto la lastra di materiale plastico viene fissata ad un supporto sovrastante lo stampo e riscaldata. Viene poi aspirata l'aria dallo spazio che separa il foglio plastico dallo stampo, creandovi una depressione: il foglio plastico viene spinto contro lo stampo dalla pressione atmosferica sovrastante, e ne assume la forma. Nella termoformatura sotto pressione, invece, la lastra plastica riscaldata viene fatta aderire allo stampo dalla pressione esercitata mediante aria compressa (a 3-5 atmosfere).
Stampaggio rotazionale
È un procedimento di lavorazione applicabile a mescole di PVC in polvere (dry blends) o sotto forma di pasta (plastisol). La mescola è introdotta in uno stampo cavo che viene collocato in un forno e fatto ruotare attorno a due assi perpendicolari; la forza centrifuga fa aderire la materia plastica allo stampo, opportunamente riscaldato, fino alla sua gelificazione; il pezzo viene poi raffreddato ed estratto.
Proprietà
Al termine delle reazioni di polimerizzazione si presenta come polvere o come granulato bianco; il peso specifico è generalmente 1,40-1,45 g/cm3.
Risulta essere molto sensibile alla luce ad al calore; questi hanno su di esso un effetto degradativo che si manifesta dapprima con l'ingiallimento e - a temperature più elevate - con la decomposizione dalla quale si libera acido cloridrico, per questa ragione viene pertanto stabilizzato. Il PVC plastificato , ovvero addizionato di additivi plastificanti che ne aumentano la morbidezza, è abitualmente stabilizzato con l'aggiunta di formulati contenenti soprattutto sali di calcio (stearato, ricinoleato), bario, piombo e zinco. il PVC rigido viene abitualmente stabilizzato con derivati organometallici dello stagno, con saponi di piombo o di calcio e zinco. In passato sono stati usati anche carbossilati di cadmio, abbandonati in Europa per via della tossicità di questo metallo. I derivati del cadmio sono ancora usati al di fuori dell'Unione Europea.