Il gruppo forcella-ruota

 

La forcella

Anche nelle biciclette moderne il ruolo della forcella può essere valutato dal suo peso rispetto

al telaio. Una struttura così piccola ha sempre un peso variabile tra i 300 e i 500 grammi (con

alcune eccezioni). Rapportando questo valore a quello del telaio ci si rende facilmente conto

come equivalga, al meglio, ad un terzo del peso stesso del telaio.

Sulla forcella si concentra una buona parte del peso del ciclista ma soprattutto è la forcella a

subire il primo impatto con la strada e le sue asperità. E' necessario quindi che la forcella sia

robusta a sufficienza, la leggerezza non può che venire dopo. La forcella è costituita da una

parte centrale chiamata testa, su questa insiste il cannotto forcella (quel tubo che si innesta

nel tubo di sterzo) e gli steli. Nella parte terminale degli steli vi sono le punte della forcella.

Le forcelle possono essere in diversi materiali ma differiscono per tipologie costruttive.

Nei modelli in acciaio e in alluminio la costruzione può essere fatta anche secondo la logica

"unicrown" dove, cioè gli steli vengono saldati direttamente al cannotto senza la presenza di

una testa che faccia da congiunzione.

Le forcelle in fibra di carbonio possono essere in parti in fibra unite tramite la testa che può

essere in alluminio oppure in carbonio (in questo caso si parla di forcelle full carbon).

Un'alternativa, nei modelli in carbonio più economici, è la presenza del cannotto in alluminio

(più raramente in acciaio).

Infine ci sono le forcelle in monoscocca, realizzate in fibra di carbonio in un unico stampo che

comprende tutte le parti della forcella ad esclusione dei forcellini per l'innesto della ruota.

Dalla forcella dipendono la direzionalità della bicicletta e buona parte delle sue caratteristiche

di guida. Ce ne sono di diverse tipologie

 

 

 

 

Foderi dritti o curvi?

Al fianco dei modelli classici con i foderi ricurvi si stanno diffondendo sempre di più le forcelle

con steli dritti. Il motivo è il comportamento differente di queste due tipologie di forcelle.. La

curvatura permette alla forcella di assorbire le vibrazioni provenienti dalla strada ma, al tempo

stesso, concentra la fatica della forcella in una zona ben precisa. La curvatura leggera o lo

stelo dritto permettono un lavoro più omogeneo della struttura. E' importante però che questa

forma non trasmetta in pieno i colpi alla testa della forcella per non metterne in crisi la parte

superiore. La forcella, infatti, mantiene comunque un rake come gli altri modelli curvati, in

questo modo i foderi non prendono i colpi trasmettendoli nella loro lunghezza ma li assorbono

uniformemente. Questa differente resa meccanica si traduce anche in una diversa sensazione

di guida della bicicletta. La forcella con i foderi dritti infatti risulta più pronta nell'impostazione

delle curve dando al ciclista una sensazione di migliore padronanza del mezzo. Va detto però

che il comportamento della forcella dipende molto dal materiale di cui è costituita. La differente

capacità di assorbire le vibrazioni e di reagire alle sollecitazioni varia con i materiali scelti.

 

 

Ecco uno dei numerosi test cui vengono sottoposte le forcelle prima che il modello sia immesso sul mercato (la foto è relativa ai laboratori Columbus). Le ditte produttrici più grandi aumentano i cicli ben oltre i tetti imposti dei regolamenti internazionali per avere la massima sicurezza di resistenza.

 

 

 

Il tubo di sterzo

Parlando di telai per bici capita spesso che il tubo di sterzo non venga neanche considerato. È

proprio questo (il tubo più corto del telaio) a trasformare il "triangolo anteriore" in un vero e

proprio quadrilatero. Pur se nei telai più piccoli si possono trovare top tube e obliquo saldati

l'uno sull'altro, la presenza del tubo di sterzo è indispensabile a trattenere la forcella. Il suo

ruolo è fondamentale.

Il tubo di sterzo ha gli spessori maggiori tra tutti i tubi del telaio. Anche nei modelli più leggeri,

calibro alla mano, non si scende al di sotto dei 2,5 millimetri.

Il tubo di sterzo può avere un diametro interno di un pollice oppure di un pollice e un ottavo.

Questa seconda misura, mutuata direttamente dalla mountain bike, permette di accogliere

forcelle con cannotto maggiore e più resistente (grazie proprio all¹aumento di diametro) a

tutto vantaggio della precisione di guida. Le forcelle in carobnio sono nella quasi totalità di

questo tipo proprio per poter garantire rigidezza e solidità adeguate. Anche per il tubo di sterzo

può esserci la realizzazione a spessori differenziati. La serie sterzo, dove di fatto, si va a

scaricare la forza esercitata sulla forcella, sollecita con violenza le parti tanto che spesso

vengono adottati dei rinforzi appositi per evitare che il tubo frontale della bici si possa

slabbrare. I tubi di sterzo moderni possono essere inoltre predisposti per le serie sterzo

aheadset per dare direttamente l'appoggio alle piste di scorrimento dei pallini per i meccanismi

integrati.

 

 

 

Il valore della distanza tra sella e manubrio è riferito ad un ciclista normolineo, in effetti risente molto sia della lunghezza del busto che delle braccia oltre che della capacità del ciclista di piegarsi sulla bici.

 

 

 

 

Ecco come prendere le misure del ciclista. Quella cui fa riferimento la tabella in alto è

l'altezza del cavallo (8) da non confondere con la misura della testa del femore (3).

 

 

 

La serie sterzo

La serie sterzo è uno dei punti nevralgici della bicicletta. Mantiene insieme le strutture portanti

della bicicletta: telaio e forcella.

Il meccanismo è composto dalla parte superiore ed inferiore che lavorano in coppia. Entrambe

le parti prevedono delle calotte al cui interno sono imprigionate delle sfere che assicurano la

libertà di movimento. È molto importante che queste parti siano regolate con precisione poiché

le sollecitazioni subite dalla serie sterzo sono notevoli. La presenza di un “gioco” nel serraggio

oppure di una chiusura molto stretta andrebbe ad amplificare le sollecitazioni provenienti dal

fondo stradale provocando un danneggiamento dei pallini e delle piste di scorrimento che li

accolgono.

È attorno a queste regolazioni che si giocano tipologie e caratteristiche delle serie sterzo.

Ecco le tipologie esistenti:

 

Tadizionale

È la serie sterzo classica. È composta da due calotte che vengono infilate a pressione nel tubo

di sterzo e che fanno da base di appoggio alle sfere. Queste sono solitamente imbrigliate in

una gabbietta che viene imprigionata dalla calotta superiore nella parte alta e dall’anello di

chiusura infilato a pressione sul cannotto forcella. Il sistema prevede anche alcune rondelle e

guarnizioni che ne ottimizzano il funzionamento e proteggono dalle infiltrazioni di impurità e

acqua.

Chiusura e regolazione ottimale sono date dalla calotta superiore che si avvita sulla filettatura

presente sul tubo forcella mandando il sistema “a pacco”. Un controdado avvitato sulla calotta

superiore permette di mantenere il sistema stabile anche subendo le sollecitazioni della strada.

Per la serie sterzo tradizionale è previsto l’utilizzo di un attacco manubrio con la classica forma

“a pipa” che si infila all’interno del cannotto forcella. Questo tipo di attacco permette una

regolazione millimetrica dell’altezza del manubrio.

Aheadset

Il sistema “senza testa” è quello più moderno e utilizzato a livello praticamente universale sulle

biciclette moderne (anche di bassa gamma). Il successo è dovuto alla facilità di regolazione per

cui è stato concepito.

Concettualmente funziona allo stesso modo rispetto al sistema tradizionale ma è pensato per

forcelle con cannotto senza filettatura. La trazione sul tubo forcella è allora affidata ad un

tirante interno al cannotto, non più alla filettatura.

Il tirante (detto anche “ragnetto” per via della sua forma) viene infilato all’interno del cannotto

e nella parte centrale presenta un foro filettato. Su questo foro viene inserita la vite di tiraggio

che ha il solo scopo di compattare il meccanismo di rotazione tirando, appunto, la forcella. La

vite, infatti, insiste sul cappellotto di chiusura superiore che si appoggia direttamente

sull’attacco manubrio. Girando la vite si otterrà dunque il “tiraggio” della forcella. Il bloccaggio

definitivo avverrà tramite la chiusura delle viti che fissano l’attacco manubrio al cannotto

forcella.

Non essendoci il sistema a dado e controdado ne consegue che la regolazione è molto più

semplice, basta vare in tasca una chiave a brugola da 5 mm (in casi più rari da 6) per poter

tarare in modo ottimale il sistema. Con una serie sterzo tradizionale per le regolazioni

occorreva disporre di due chiavi da 32 mm non propriamente comode da portare in tasca.

Il sistema aheadset, poi, si è trovato perfettamente in sintonia con le forcelle in fibra di

carbonio dotate pure di cannotto in composito. Sarebbe impensabile, infatti, realizzare una

filettatura sufficientemente resistente sul composito con le tecnologie attualmente utilizzate

per queste forcelle.

In caso di forcelle tutto carbonio (quindi anche con cannotto in fibra) sarà necessario utilizzare

un apposito ragnetto come tirante interno (solitamente fornito dal produttore stesso della

forcella). Questo tirante è realizzato per aggrapparsi sulle pareti interne del tubo forcella senza

rischio però di graffiarle (e quindi rovinare i filamenti di fibra innescando probabili rotture). Il

ragnetto” per forcella in fibra è quindi una sorta di espander con parte esterna in alluminio

oppure in elastomero.

Con la serie sterzo aheadset occorre utilizzare attacchi manubrio di tipologia ahead, appunto.

Essendo questi infilati direttamente attorno al cannotto forcella non è permessa una

regolazione millimetrica dell’altezza del manubrio rispetto al telaio. Possono venire in soccorso

spessori appositamente realizzati ma di misure fisse. In ogni caso il posizionamento ideale non

ne dovrebbe risentire.

NB: i due tipi di serie sterzo appena descritti comportano l’utilizzo di attacchi manubrio di

diversa tipologia.

 

Qui sopra lo schema di una serie sterzo tradizionale. Nello spaccato sono evidenti i pallini e, nella parte alta il sistema a controdado per il bloccaggio della chiusura nella posizione ideale.

 

Una moderna serie sterzo aheadset ha, al posto del sistema di bloccaggio a controdado un sistema a tiraggio dall'interno grazie al "ragnetto" che viene agganciato dall'alto.

 

 

 

Il concetto di ruota nella bici

Con un paragone extraciclistico potremmo dire che le ruote stanno alla bicicletta come le casse

stanno allo stereo. Sì, perché potremmo anche avere un ottimo telaio con componentistica top

di gamma ma per avere una bici buona occorre avere anche ruote adeguate. Adeguate a cosa?

Alle proprie esigenze. Non dovranno essere necessariamente le più costose ma dovranno

corrispondere alle necessità. Qui di seguito ecco una piccola guida per conoscerle meglio.

Le ruote sono composte da mozzi, raggi, cerchi e coperture. Tutti insieme però questi

componenti devono portare ad un rendimento in grado di offrire comfort e sicurezza di guida.

 

Cosa sono le ruote

La ruota è una massa rotante. Come tale le sue caratteristiche incidono molto nella

completezza della bicicletta poiché, dal punto di vista fisico, entrano in ballo una serie di forze

che il ciclista può sfruttare a suo favore.

 

Un primo chiarimento: la velocità della ruota

Si consideri innanzitutto la ruota nel suo insieme. Dal mozzo, attraverso i raggi, fino al cerchio

e alla copertura il movimento della ruota segue velocità differenti nel sistema di riferimento

bicicletta.

Occorre infatti tenere conto della velocità angolare e della velocità assoluta di ogni parte della

ruota. La velocità angolare della ruota è uguale per ogni punto di essa (ad es. tutti i punti di un

raggio montato perpendicolare al cerchio passano contemporaneamente in corrispondenza

della verticale al terreno), mentre la velocità assoluta varia (testa e filettatura dello stesso

raggio hanno velocità differenti rispetto alla stessa perpendicolare al terreno).

 

La massa rotante

Per quanto detto nel precedente paragrafo deriva che i pesi nella ruota devono essere ben

definiti. L'importanza è maggiore quanto più sono distanti dal mozzo per il crescere della

resistenza inerziale che ne deriva.

 

Il peso

E' un fattore fondamentale e la qualità di una ruota cresce con la leggerezza. Un peso basso

permette infatti di avere una bici scattante e risentire meno dell'inerzia. Andando in salita poi

questo concetto si amplifica poiché si devono fare i conti anche con la forza di gravità. E' vero

che, proprio per l'inerzia, una ruota pesante (soprattutto verso la periferia: il cerchio) tende a

mantenere la velocità di rotazione ma si amplificano le resistenze e quindi si annullano i

vantaggi che se ne potrebbero avere (ad esempio si perde meno velocità quando si smette di

pedalare affrontando una curva). Ci sono poi fattori in cui il peso non è in primo piano. La

rigidità in certi casi può essere fondamentale come la resa aerodinamica nel corso di una gara

a cronometro pianeggiante in cui si sviluppano velocità elevate e l'aggravio di peso dovuto ad

una ruota lenticolare è trascurabile nella resa totale.

 

L'effetto giroscopico

E' il motivo per cui in bici si riesce a stare su due ruote solo quando c'è un movimento delle

ruote. Dal punto di vista fisico (semplificando) deriva dalle particolari caratteristiche che un

corpo assume quando viene fatto ruotare attorno ad un asse. Tra queste caratteristiche c'è una

elevata inerzia che si identifica con la permanenza dell'asse di rotazione.

Senza scegliere in dettagli di fisica (di cui si possono trovare corpose spiegazioni su Internet

stessa) si possono sperimentare gli effetti tenendo con due mani una ruota al mozzo e

facendola girare utilizzando le braccia come una forcella...

 

La dinamica della ruota

Non bisogna considerare le ruote come delle forme geometriche incorruttibili e indeformabili.

Ammesso di poter raggiungere queste qualità le ruote perderebbero gran parte delle loro

caratteristiche e in giro ce ne sarebbero ben pochi modelli.

La ruota risente delle forze subite dalla bicicletta deformandosi in maniera elastica a seconda

delle sollecitazioni. Una piccola asperità del terreno viene subita dalla gomma ma trasmessa

anche al cerchio e ai raggi che si comportano in maniera differente a seconda delle

caratteristiche date dalla costruzione. Una ruota più comoda assorbe bene le vibrazioni ma può

far perdere qualcosa dell'energia impressa dal ciclista. Un modello più rigido (ad esempio

quelle utilizzate su pista, quindi in condizioni di scorrevolezza ideali) trasmette il più possibile

le forze ma può rivelarsi molto scomoda per la marcia su strada normale.

 

In curva

Quando il ciclista inclina la bici in curva per contrastare la forza centrifuga la ruota subisce una

violenta sollecitazione. Gomma, cerchio e raggi vengono spinti verso l'interno della curva e la

leggerissima deformazione che ne deriva aiuta il ciclista a chiudere bene la curva. Una ruota

più rigida è più difficile da gestire tanto che con ruote particolarmente solide come le lenticolari

ci vuole qualche curva per abituarsi alla nuova situazione poiché si ha la sensazione che la bici

"non voglia fare la curva" proprio per la resistenza che la ruota offre alle forze che le vengono

imposte.

Il cuore di ogni ruota

Il cerchio è il concetto stesso di ruota. E' il cerchio che dà, più di ogni altro componente il

carattere alla ruota. Del cerchio importano le dimensioni intese come altezza del cerchio e

diametro. I materiali utilizzati per la realizzazione dei cerchi sono nella quasi totalità leghe di

alluminio. Qualche tentativo è stato fatto anche con il titanio ma i risultati non sono stati

soddisfacenti in termini di pesi, l'alluminio si è rivelato più efficace (anche in termini di costi).

Ultimamente si sta affermando il carbonio. Si tratta, certo, di produzioni particolari, ma le

carattateristiche di questo materiale si possono rivelare vincenti in diverse occasioni.

 

L'altezza del cerchio

Basso, medio o alto profilo: sono queste le possibilità che vi troverete di fronte osservando una

bicicletta. Si fa riferimento all'altezza del cerchio guardandolo di profilo appunto.

Basso profilo:

E' la misura classica. Il cerchio ha un'altezza di un paio di centimetri. I cerchi di questo

tipo sono molto leggeri ed anche elastici visto che la forma permette loro di assorbire le

vibrazioni. Ovviamente sono anche meno robusti e tendono a deformarsi facilmente e,

in caso si utilizzino su strade accidentate, sarà necessario intervenire sulla tensione dei

raggi per riequilibrare la ruota.

Alto profilo:

Negli anni novanta c'è stata l'invasione dei cerchi ad alto profilo. L'altezza è sui 5-6

centimetri ed erano apparsi come una valida alternativa alle ruote lenticolari che

risentivano troppo del vento laterale.

L'aerodinamica di questi cerchi è elevatissima ed anche la rigidità visto che l'alto

spessore dà alla ruota una notevole robustezza. Con cerchi di questo tipo il peso della

ruota, ovviamente, aumenta, ma per questo motivo viene utilizzata anche la fibra di

carbonio. La rigidità permette inoltre di ridurre drasticamente il numero dei raggi. Per

contro cerchi di questo tipo causano una trasmissione notevole delle vibrazioni verso il

telaio della bici e quindi verso il ciclista e la bici ne può risultare piuttosto scomoda. La

rigidità, inoltre, fa sì che la ruota non assecondi l'impostazione della curva dando

sensazioni di guida differenti.

Medio profilo:

Dopo aver sperimentato i due estremi si è arrivati alla via di mezzo. I cerchi a medio

profilo hanno una misura che si aggira sui 3-4 centimetri e rappresentano un buon

compromesso tra rigidità, comodità ed anche aerodinamica. Non eccellono in leggerezza

e neppure in rigidità, tuttavia sono sufficientemente stabili da resistere anche a qualche

buca di troppo. E' per questi motivi che stanno diventando sempre più lo standard di

riferimento.

 

Diametro del cerchio

Questa misura viene misurata in pollici. Su una normale bicicletta da corsa il valore è di 28",

ma è possibile trovare anche biciclette con dimensioni differenti di ruote. Ruote da 26" o

addirittura da 24" sono destinate a biciclette da bambino ma non solo. In diverse occasioni

anche ciclisti adulti possono trovare vantaggiose ruote più piccole. I cerchi di diametro ridotto

hanno una massa inferiore per cui possono risultare utili in determinate competizioni in cui è

necessario avere una resistenza inerziale più bassa possibile.

Il regolamento dell'Uci ha vietato biciclette con ruote di dimensione differente tra anteriore e

posteriore. Su pista, ad esempio, l'utilizzo di ruote più piccole per l'anteriore era vantaggioso

nelle competizioni a squadre poiché permetteva agli atleti di essere più vicini e sfruttare meglio

l'effetto scia.

Ruote più piccole, infine, possono essere anche una valida soluzione per atleti di dimensioni

ridotte. La loro diffusione è infatti maggiore tra le donne poiché permettono di costruire

biciclette più proporzionate (e più belle da vedere) ma anche una migliore gestione degli

angoli. In una bicicletta piccola, inoltre, l'utilizzo di ruote da 28" aumenta il rischio che la punta

del piede possa toccare la ruota anteriore quando si gira il manubrio.

Il limite però è proprio nella diffusione. Nelle competizioni avere ruote intercambiabili con gli

altri corridori permette un'assistenza tecnica più veloce. Nel passato corridori che hanno

utilizzato ruote da 26" durante le gare si sono trovati penalizzati in caso di forature poiché ad

avere ruote adeguate alla loro bicicletta era solo l'ammiraglia della propria squadra.

 

Piste frenanti

Sono le zone su cui insistono i pattini dei freni. Le piste frenanti subiscono una lavorazione

particolare per fare sì che si possa sviluppare il massimo dell'attrito senza però provocare

consumi precoci delle parti. Operazioni di finitura come la diamantatura servono proprio a

garantire la massima regolarità della superficie frenante. Le case produttrici di cerchi sono

tuttavia alla costante ricerca di soluzioni che possano migliorare l'efficienza della frenata.

Al centro delle ruote

Il mozzo è il componente che fa da fulcro alla ruota, ne permette la rotazione e tiene fermi i

raggi. Nel mercato esistono diversi tipi di mozzi, differenti per dimensionamenti e tipologie,

caratteristiche che, di fatto, influenzano il comportamento della ruota.

 

Com'è fatto il mozzo

La struttura base del mozzo è composta dalle flange, le parti dove vengono inseriti i raggi, e il

corpo centrale. I materiali utilizzati vanno dall'alluminio alla fibra di carbonio, qeusti almeno

per le parti esterne. I movimenti interni possono essere in titanio o acciaio a seconda anche di

quanto è pregiato il pezzo.

 

La misura

Se sentite parlare di misura del mozzo il riferimento è alla larghezza della battuta sul telaio.

Questa dimensione varia tra ruota anteriore e posteriore (100 millimetri la prima, 130 la

seconda) ma anche tra i tipi di biciclette. Le mountain bike, ad esempio hanno, sulla ruota

posteriore, una battuta da 135 millimetri.

 

Le flange

I punti di aggancio dei raggi si differenziano per numero di fori (a seconda di quanti raggi sarà

la ruota) e per dimensioni. Una flangia di dimensioni comuni presenterà un diametro di circa 5

centimetri (attenzione a non confondere questo valore con il diametro ai fori indispensabile per

calcolare la lunghezza esatta dei raggi). Sul mercato tuttavia si può trovare un po' di tutto. In

questi ultimi anni si stanno riscoprendo i mozzi a flangia larga molto utilizzati fino agli anni

settanta. In effetti sono molto indicati per aumentare la rigidità della ruota senza

necessariamente fargli corrispondere un cerchio ad alto profilo.

Le flange si possono differenziare pure per il tipo di raggi che andranno ad accogliere. Sono

sempre di più i raggi a testa dritta e in questo caso le flange diventano un allargamento del

corpo del mozzo per garantire una sufficiente robustezza al differente tipo di aggancio. È

importante poi anche la distanza tra le due flange. Questa misura dà la campanatura della

ruota, ossia quanto il cono della raggiatura sarà più o meno alto.

 

Il corpo centrale

Funge da distanziale tra le due ma subisce anche indirettamente i colpi trasmessi dai raggi

oltre che la torsione impressa dall'azione del ciclista. Solitamente è un blocco unico con le

flange stesse ma sempre di più viene realizzato in fibra di carbonio e poi incollato e incastrato

alle parti terminali del mozzo. Sul corpo centrale i mozzi a controconi presentano a volte un

foro adibito all'iniezione del lubrificante evitando così di dover smontare tutto il mozzo.

 

L'asse

E' il vero centro del mozzo. Sull'asse si vanno a concentrare i pesi e gli sforzi sostenuti dal

mozzo. L'asse è in acciaio o in titanio, altri materiali non sono sufficientemente solidi per le

dimensioni che deve avere l'asse. La sua forma è piuttosto semplice: si tratta di un cilindro

vuoto al centro con le estremità filettate.

 

Il meccanismo di rotazione

Si basa su un sistema a sfere, indipendentemente che queste siano imprigionate in cuscinetti o

in un sistema di coni e controconi.

• I cuscinetti sono il sistema più recente. Essendo sigillati e già ottimizzati nelle

dimensioni e nei montaggi assicurano precisione e non richiedono alcuna manutenzione.

I cuscinetti sono infilati a pressione sull'asse e nel corpo del mozo in modo da

assicurarne l'assoluta rigidità.

• Nei mozzi di qualche tempo fa o nei sistemi meno pregiati è possibile trovare ancora il

sistema a coni. Le sfere, anzichè essere imbrigliate in un cuscinetto sono tenute tra due

piste di scorrimento avvitate sull'asse del mozzo. Un sistema di dado e controdado

permette di regolare la distanza tra le due piste in modo da assicurare il perfetto

scorrimento delle sfere senza bloccarle. Questo sistema è stato via via abbandonato

poiché di gran lunga meno pratico rispetto all'utilizzo dei cuscinetti.

 

I bloccaggi

Completano il mozzo fissandolo ai forcellini del telaio o della forcella. I bloccaggi sono costituiti

da un asse in acciaio o in titanio con, da una parte una filettatura su cui si avvita il cappellotto

di chiusura, dall'altra una leva fissata su un eccentrico che, spinge sul cappellotto opposto

andando a compattare bloccaggio e mozzo sul telaio della bicicletta.

Su biciciclette non da corsa i bloccaggi sono spesso affidati direttamente a bulloni avvitati

direttamente sull'asse. Questo tipo di bici non si troveranno mai in una competizione a dover

richiedere un cambio ruota veloce.

 

Dallo schema superiore è facile riconoscere le varie parti del mozzo. Si tratta di un modello a controconi e difatti sono evidenti i pallini da inserire tra le due piste di scorrimento. Sulla destra ecco invece lo schema dell'asse.

 

 

 

 

 

 

Ecco le differenti misure tra anteriore e posteriore. La ruota posteriore richiede un mozzo più largo per compensare la presenza della ruota libera ottenendo comunque una campanatura sufficiente.

 

 

I bloccaggi rapidi permettono una rimozione velocissima delle ruote. Per aver un bloccaggio sicuro occorre regolare la battuta come indicato nel disegno in modo da sentire resistenza quando la leva di bloccaggio è a circa metà della sua corsa.

 

 

I raggi

Si possono considerare come dei tiranti ma svolgono una duplice funzione. Da una parte

tengono il cerchio in posizione e la ruota stabile, dall'altra sostengono il peso di ciclista e

bicicletta e assorbono e propagano le sollecitazioni provenienti dal terreno.

Un raggio è costituito da una parte centrale di forma variabile e da due estremità differenti: la

testa e la filettatura. La prima è costituita da un ingrossamento della parte terminale del raggio

e serve a garantire l'aggancio al mozzo in posizione stabile, la seconda permette l'avvitamento

del nipple, una specie di dado dalla forma allungata che inserisce nell'asola del cerchio e

accoglie il raggio. Il nipple può ruotare su se stesso permettendo di tirare o allentare il raggio

che sostiene.

I raggi determinano le caratteristiche di una ruota sia per la loro forma sia per il modo in cui

vengono assemblati tra cerchio e mozzo.

 

Tipologie di raggi

La forma classica prevede un andamento cilindrico con misure variabili tra 1,2, 1,4 millimetri

fino a 2 e oltre per i raggi distinti a bici più robuste e non per competizioni. Gli spessori

possono essere variabili anche nello stesso raggio sfilando la parte centrale per costruire ruote

più leggere.

Poi ci sono i raggi a sezione ovalizzata e schiacciata. Sono detti anche raggi lamellari e il fine è

la migliore resa aerodinamica.

 

I materiali

La stragrande maggioranza dei raggi sono in leghe di acciaco, cromo, molibdeno e nichel sono

gli elementi di base più utilizzati. Visto il particolare lavoro che i raggi devono svolgere sono

praticamente vietate le leghe ultraleggere visto che l'alta malleabilità del materiale non

permetterebbe realizzazioni di così piccola dimensione. Nelle ruote più sofisticate, tuttavia

possono essere utilizzati raggi in titanio oppure in fibra di carbonio. In quest'ultimo caso la

tipologia del raggio è differente rispetto allo standard per consentire al composito di essere

bloccato con sufficiente sicurezza su mozzo e cerchio.

 

Testa curva o testa dritta

Oltre che per la forma della parte centrale i raggi si differenziano poi per la conformazione della

testa. La tradizione la vuole ricurva per facilitare l'aggancio sulla flangia del mozzo ma sono

disponibili anche raggi a testa dritta (cui corrispondono mozzi dedicati) privi della curvatura. Il

motivo di questa tipologia è giustificato in una migliore distribuzione della tensione di trazione

che si va altrimenti a concentrare sulla curvatura.

In realtà un raggio a testa dritta sposta la trazione unicamente sull'ingrossamento

dell'estremità. Il vantaggio è che spesso la curvatura del raggio viene sollecitata molto in fase

di montaggio col rischio di indebolirne la struttura molecolare e quindi innescare una rottura.

Di fatto il punto di contatto col mozzo rimane la parte più sollecitata del raggio

(indipendentemente dalla forma) ed è proprio questa ad evidenziare il numero maggiore di

rotture rispetto alla parte filettata (altro punto critico). La zona centrale in genere non cede

mai a meno di sollecitazioni particolari.

La scelta di raggi a testa dritta è dovuta anche a forme particolare di mozzi che permettono un

montaggio particolare dei raggi in modo da dare una campanatura il più larga possibile e

quindi una ruota più stabile.