MATERIALE

 

Per la scelta del materiale i parametri  di valutazione sono stati:

 

- le caratteristiche meccaniche

- il  processo produttivo

- il contenimento dei costi

- l’ambiente di utilizzo

 

 

Il materiale scelto per la produzione del gruppo manubrio-forcella-ruota è il poliammide PA66 (chiamato comunemente nylon) caricato con il 30% di fibre di vetro. Il  materiale per la forcella ha fibre di vetro più lunghe in modo che abbia la rigidezza necessaria a sopportare le sollecitazioni imposte ma senza essere fragile grazie al nylon che è ben deformabile.

E’ stato necessario ricorrere a questo espediente in quanto il materiale in questione non caricato con fibre di vetro non raggiunge sufficienti caratteristiche meccaniche per l’uso a cui è destinato. In questo modo si è però causato un leggero aumento del costo e del peso specifico del materiale.
Entrambi i componenti verranno realizzati tramite stampaggio ad iniezione. Il materiale utilizzato non necessità di particolari attenzioni durante tale procedimento se si esclude una temperatura di iniezione lievemente più alta rispetto ad un poliammide non caricato con fibre di vetro.

 

Proprietà poliammide 6.6 caricato con il 30% di fibre di vetro LATAMID 6.6                                                    

 

Caratteristiche fisiche

Valore

Unità di misura

Densità

1.38

Mg/m^3

Ritiro lineare allo stampaggio

0.4

%

Allungamento a rottura in trazione

4

%

Carico di snervamento in trazione a 23°

120

Mpa

Coefficiente di dilatazione termica lineare

3.6 e -5.2

1/k

Punto di rammollimento

206.5°

Temperatura di stampaggio

220-250

Modulo elastico a trazione

9500

Mpa

Temperatura stampo

70-90

 

 

Le proprietà del nylon

Sotto il profilo applicativo, le resine poliammidiche hanno un aspetto untuoso e ceroso che, comunque, non risulta sgradevole al tatto. Da esse si possono ricavare manufatti che resistono ai solventi, agli oli, ai grassi, alle soluzioni saline e agli acidi diluiti, oltre che resistenti all'usura e dotati di proprietà autolubrificanti. Apprezzate anche le caratteristiche di resistenza meccanica, la rigidità, la stabilità dimensionale, le caratteristiche estetiche e la lavorabilità anche quando è necessario ottenere parti stampate di ridotto spessore.
Le poliammidi possono essere trasformate utilizzando quasi tutte le tecniche in uso per i termoplastici: stampaggio a iniezione, compressione, soffiaggio, estrusione, sinterizzazione o lavorazione all'utensile, mentre i semilavorati possono essere torniti, fresati, tagliati, chiodati, cuciti, saldati a caldo o con ultrasuoni.
I polimeri base si prestano magnificamente ad ogni genere di "variazione sul tema": oltre a modificarne le caratteristiche di base con il sapiente impiego degli ingredienti durante la polimerizzazione, il chimico può ricorrere ad additivi dalla più diversa natura e struttura fisica. In questo caso è particolarmente importante la geometria delle particelle del modificante, espressa dal rapporto di forma, cioè dal rapporto tra la dimensione maggiore e quella minore del modificante incorporato che condiziona le prestazioni finali del compound finale.

Principali caratteristiche delle poliammidi

Aspetto

Non trasparente; numerosi colori coprenti

Qualità della superficie

Molto brillante o goffrata, in funzione della superficie dello stampo

Rigidità

Elevata; modulo elastico a trazione da 800 a 15*103 Mpa

Resistenza all’urto e alla rottura

Elevata (in funzione del tipo e dell’umidità)

Resistenza alla sollecitazione dinamiche

Elevata

Comportamento alla fessurazione da tensioni

Notevole stabilità

Resistenza alla termodeformazione

Elevata; a breve durata tra 170 e 200°C; a lunga durata da 80 a 150 °C

Precisione e stabilità dimensionali

Buone, dipendenti dall’influsso dell’umidità

Resistenza all’abrasione

Elevata

Resistenza chimica

Buona, in particolare verso carburanti, lubrificanti, solventi e detergenti

Isolamento elettrico

Buono. Rigidità dielettrica: 30-40 kV/mm
Res. spec. di volume: 1010-1016 Ohm*cm
Resistenza alle correnti striscianti: CTI da 375 a 600

Lavorabilità

Ottima fluidità e rapida solidificazione

Altre caratteristiche

Brevi cicli operativi;
buono smorzamento meccanico e acustico:
buone proprietà di scivolamento e autolubrificazione

 

 

Fibre di vetro

Per la loro resistenza in trazione ed allo strappo, l’alto modulo e stabilità dimensionale, le fibre di vetro sono utilizzate già da molti anni per la produzione di tessuti e materiali di rinforzo per compositi. Esse sono ottenute per filatura a caldo di vetri di composizione opportuna (generalmente degli allumino-boro silicati) in funzione del tipo di applicazione e dell’ambiente in cui dovrà operare. I tipi di vetro comunemente usati per fibre sono il tipo E ed il tipo S, con densità di circa 2,6 g/cm3, con moduli elastici di circa 80 e 90 GPa e resistenze a rottura di 3,5 e 4,5 GPa, rispettivamente.

Per ottenere dei compositi di buone caratteristiche sotto sforzo, l’allungamento a rottura della fibra (3 e 6% per molti compositi) deve essere minore e la rigidezza maggiore di quella della matrice. Il trasferimento degli sforzi dalla matrice alla fibra viene migliorato con l’ausilio di rivestimenti chimici.

Questi agenti di accoppiamento possono migliorare di molto le caratteristiche meccaniche del risultante composito.

 

MATERIE PLASTICHE

 

I polimeri sono normalmente ottenuti per sintesi chimica a partire dal petrolio,si passa attraverso processi di raffinazione e di manipolazione che permettono di ottenere i monomeri.questi saranno poi aggregati per ottenere le lunghe catene polimeriche alla base della struttura dei vari materiali.

A seconda della loro struttura molecolare distinguiamo 2 tipi di polimeri:amorfi e semicristallini.

I principali polimeri amorfi sono Il cloruro di polivinile, noto anche come polivinilcloruro o con la corrispondente sigla PVC, è il polimero del cloruro di vinile.

È il polimero più importante della serie di quelli ottenuti da monomeri vinilici ed è una delle materie plastiche di maggior consumo al mondo. Puro, è un materiale rigido; deve la sua versatilità applicativa alla possibilità di essere miscelato anche in proporzioni elevate a prodotti plastificanti, quali ad esempio gli esteri dell'acido ftalico, che lo rendono flessibile e modellabile .Risulta essere molto sensibile alla luce ad al calore; questi hanno su di esso un effetto degradativo che si manifesta dapprima con l'ingiallimento e - a temperature più elevate - con la decomposizione dalla quale si liberano acido cloridrico ed altri prodotti clorurati tossici. Viene pertanto stabilizzato per aggiunta di sali di sodio (carbonato, fosfati e alchilfosfati) e di calcio (stearato, ricinoleato). In passato sono stati usati anche carbossilati di cadmio e di piombo, abbandonati per via della tossicità di questi metalli. A temperature molto minori di quella di transizione vetrosa ha un comportamento fragile associato ad uno snervamento per crazing;il modulo elastico e il carico di rottura sono elevati mentre la deformazione a rottura e’ modesta.

Altro polimero amorfo è il polimetilmetacrilato (PMMA) formato da polimeri del metacrilato di metile, estere dell'acido metacrilico, noto anche con i nomi commerciali di Plexiglas, vitroflex, Perspex, e Lucite.

formula di struttura del PMMA

formula di struttura del PMMA

Chimicamente, è il polimero del metacrilato di metile.

Di norma è molto trasparente, più del vetro al punto che possiede caratteristiche di comportamento assimilabili alla fibra ottica per qualità di trasparenza, e con la proprietà di essere più o meno in percentuali diverse, infrangibile a seconda della sua "mescola". Per queste caratteristiche è usato nella fabbricazione di vetri di sicurezza e articoli similari, nei presidi antinfortunistici, nell'oggettistica sia d'arredamento o architettonica in genere. Il PMMA è spesso usato in alternativa al vetro; alcune delle differenze tra i due materiali sono le seguenti:

  • la densità: quella del PMMA è 1,19 g/cm3, circa la metà di quella del vetro
  • il PMMA è infrangibile
  • il PMMA è più tenero e sensibile ai graffi e alle abrasioni; a questo generalmente si ovvia con un opportuno rivestimento
  • il PMMA può essere modellato per riscaldamento a temperature relativamente basse (100°C circa)
  • il PMMA è più trasparente del vetro alla luce visibile
  • A differenza del vetro, il PMMA non ferma la luce ultravioletta, quando necessario viene pertanto rivestito con pellicole apposite
  • il PMMA è trasparente alla luce infrarossa fino a 2800 nm, mentre la luce di lunghezze d'onda maggiori viene sostanzialmente bloccata. Esistono specifiche formulazioni di PMMA atte a bloccare la luce visibile e a lasciar passare la luce infrarossa di un dato intervallo di frequenze (usate, ad esempio, nei telecomandi e nei sensori rivelatori di fonti di calore)

Pezzi di PMMA possono essere saldati a freddo usando adesivi a base di cianoacrilati oppure sciogliendone gli strati superficiali con un opportuno solvente - diclorometano o cloroformio. La giuntura che si crea è quasi invisibile. Gli spigoli vivi del PMMA possono inoltre essere facilmente lucidati e resi trasparenti.

Il PMMA brucia in presenza di aria a temperature superiori a 460°C; la sua combustione completa produce anidride carbonica e acqua.

Analogo al PMMA, ma con un atomo di idrogeno al posto del gruppo metile (CH3) che sporge dalla catena principale, è il polimetilacrilato, un polimero che si presenta come una gomma morbida.Il suo comportamento meccanico a temperatura ambiente snerva per crazing presentando un comportamento fragile a frattura.

Abbiamo poi il policarbonato (PC). In generale appartengono alla famiglia dei policarbonati i poliesteri dell'acido carbonico con struttura: Immagine:Polic.gif

I policarbonati di bisfenolo A hanno visto crescere in misura sorprendente il loro utilizzo per le loro proprietà particolari di trasparenza, resistenza termica e meccanica, oltre che per le buone proprietà elettriche e per la durezza. I policarbonati resistono agli acidi minerali, agli idrocarburi alifatici, alla benzina, ai grassi, agli oli, agli alcoli tranne alcol metilico e all’acqua sotto i 70°C. Al di sopra di tale temperatura l'acqua attacca il polimero favorendo una graduale decomposizione chimica. La biodegradabilità è scarsa e richiede tempi lunghi.

Come ultimo polimero amorfo indichiamo gli elastomeri o gomme che hanno una Tg < Ta perciò  a temperatura ambiente manifestano un comportamento elastico con il recupero totale e istantaneo della deformazione previa rimozione del carico applicato.

I principali POLIMERI SEMICRISTALLINI sono invece:

il polietilene: è il più semplice dei polimeri sintetici ed è il più comune fra le materie plastiche.

Viene spesso indicato con la sigla "PE", così come ad esempio si usa "PS" per il polistirene o "PVC" per il polivinilcloruro. Ha formula chimica (-CH2-)n dove n può arrivare fino ad alcuni milioni. Le catene possono essere di lunghezza variabile e più o meno ramificate.

Il polietilene è una resina termoplastica, si presenta come un solido trasparente (forma amorfa) o bianco (forma cristallina) con ottime proprietà isolanti e di stabilità chimica, è un materiale molto versatile ed una delle materie plastiche più economiche; gli usi più comuni sono come isolante per cavi elettrici, film per l'agricoltura, borse e buste di plastica, contenitori di vario tipo, tubazioni, strato interno di contenitori asettici per liquidi alimentari ("brick") e molti altri.ha inoltre un comportamento tenace e un sensibile degrado per esposizione alla radiazione ultravioletta.

Altro polimero semicristallino è il polipropilene (PP). E’ un composto plastico che può mostrare diversa tatticità. Il prodotto più interessante dal punto di vista commerciale è quello isotattico, che è caratterizzato da un elevato carico a rottura, una bassa densità, una buona resistenza termica e all'abrasione.

La densità è di 0,9 g/cm³ e il punto di fusione è di 165°C e oltre.

Le proprietà chimiche, determinate nella produzione, comprendono la stereoregolarità, la massa molecolare e la distribuzione di massa molecolare.

Il prodotto atattico si presenta invece come un solido dall'aspetto gommoso di scarso interesse commerciale.

Il polipropilene ha conosciuto un gran successo nell'industria della plastica: molti oggetti di uso comune, dagli zerbini agli scolapasta per fare alcuni esempi, sono fatti di polipropilene.presenta un comportamento tenace ma si infragilisce alle basse T.

Poliammidi (PA):sono comunemente chiamati con il nome di Nylon  e sono caratterizzati da da una Tg =60°  e da una t di fusione compresa tra 180 e 260°.sono generalmente indicati con le sigle PA m+1  (es PA 6,PA 11)o PA m1,m2+2(esPA6.6) a seconda della natura dell’unità monomerica dove m indica il numero di atomi di carbonio legati ad atomi di idrogeno.Hanno una buona resistenza agli agenti chimici e all’abrasione un basso coefficiente di attrito e la tendenza all’assorbimento di acqua.

Politetrafluoroetilene(PTFE): Il politetrafluoroetilene (PTFE), normalmente più conosciuto attraverso le sue denominazioni commerciali Teflon ®, Fluon ®, Algoflon ®, Hostaflon ®, è il polimero del tetrafluoroetene.

È una materia plastica liscia al tatto e resistente alle alte temperature (fino a 200°C e oltre), usata nell'industria per ricoprire superfici sottoposte ad alte temperature alle quali si richiede una "antiaderenza" e una buona inerzia chimica.

Le padelle da cucina definite "antiaderenti", sono appunto ricoperte all'interno di uno strato di PTFE (Teflon). Il PTFE presenta una serie interessante di caratteristiche peculiari che lo avevano portato ad essere considerato materiale strategico fino agli anni settanta. Le caratteristiche principali sono:

  • la completa inerzia chimica per cui non viene aggredito dalla quasi totalità dei composti chimici - fanno eccezione i metalli alcalini allo stato fuso, il fluoro ad alta pressione e alcuni composti fluorurati in particolari condizioni di temperatura - e soprattutto non modifica i fluidi con il quale viene posto in contatto, ad esempio i fluidi ultrapuri per l'industria elettronica
  • la completa insolubilità in acqua e in qualsiasi solvente organico
  • ottime qualità elettriche (65 KV di rigidità dielettrica)
  • ottime qualità di resistenza al fuoco: non propaga la fiamma
  • ottime proprietà di scorrevolezza superficiale: il coefficiente di attrito risulta il più basso tra i prodotti industriali
  • antiaderenza: la superficie non è incollabile (l'angolo di contatto risulta essere 127°), non è noto alcun adesivo capace di incollare il PTFE

Queste caratteristiche assumono ulteriore importanza se si considera che si mantengono praticamente inalterate in un campo di temperature comprese tra i -80°C e i 250°C.

Poliestere:classe di polimeri caratterizzata dalla presenza del gruppo estereo –CO-O- nella catena polimerica.sono intrinsecamente fragili e cristallizzano con difficoltà.E’ impiegato principalmente per la produzione di fibre,film,bottiglie e se rinforzato con fibre di vetro per la realizzazione di manufatti generici.

 

LAVORAZIONI

STAMPAGGIO A INIEZIONE: è un processo di produzione industriale del tipo fusione, in cui materiale liquido (materiale plastico) viene immesso in una forma permanente detta stampo, aiutato da una forza di "iniezione". Generalmente, l'iniezione avviene a pressioni elevate ed a temperature che consentono lo scorrimento del materiale "plastificato" in apposita sezione della pressa stessa. Gli appositi stampi vengono tenuti chiusi idraulicamente o meccanicamente in macchine dette presse per lo stampaggio. Le pressioni sono dell'ordine di qualche centinaio di bar e la forza (in tonnellate) necessaria per tenere chiusi gli stampi è semplicemente ricavabile dalla formula F = P·S/1000 dove la P, pressione di iniezione è in kg/cm² ed S è la superficie della area del pezzo da stampare che è ortogonale al piano di iniezione.Lo stampaggio ad iniezione è ritenuto uno dei processi più economici di trasformazione delle materie plastiche. Esistono relativamente poche pubblicazioni riguardo le tecniche di stampaggio e relative alla soluzione dei problemi. L'uso di programmi specifici quali "mould flow" consente una rapida ed economica prototipazione del prodotto, l'uso di presse veloci permette di produrre particolari anche grandi in un tempo estremamente ridotto. Lo stampaggio ad iniezione rammenta il principio della pressofusione usata per la formatura di semilavorati o particolari dai metalli non ferrosi.

CALANDRATURA: La calandratura è un processo continuo che funziona un po’ come un vecchio mangano per vestiti.Nel campo delle plastiche, ci sono di solito 4 rulli riscaldati di grandezze diverse che ruotano a velocità leggermente diverse. Il materiale entra tra questi rulli, viene riscaldato e fuso, per poi assumere la forma di film o di foglia. Esso viene poi raffreddato e avvolto in bobine. Durante il processo le foglie possono essere mono-orientate. Il materiale comunemente calandrato è PVC.

TERMOFORMATURA: La termoformatura permette di modellare per effetto della pressione i film termoplastici rigidi, convenientemente riscaldati (ma senza raggiungere la temperatura di fusione), realizzando alveolature e cavità. Le proprietà del PVC permettono di ottenere così imballaggi, anche trasparenti, modellati in corrispondenza alla forma dell'oggetto da contenere, come per esempio i blister dei prodotti farmaceutici. Nella termoformatura sotto vuoto la lastra di materiale plastico viene fissata ad un supporto sovrastante lo stampo e riscaldata. Viene poi aspirata l'aria dallo spazio che separa il foglio plastico dallo stampo, creandovi una depressione: il foglio plastico viene spinto contro lo stampo dalla pressione atmosferica sovrastante, e ne assume la forma. Nella termoformatura sotto pressione, invece, la lastra plastica riscaldata viene fatta aderire allo stampo dalla pressione esercitata mediante aria compressa (a 3-5 atmosfere).

ESTRUSIONE: Nel processo di estrusione, plastica in forma di granuli o polvere (dry-blend) vengono alimentati in un miscelatore riscaldato dove viti rotanti omogeneizzano il tutto. La massa fusa viene poi spinta attraverso una filiera per dare un prodotto finito o semi-finito. Nella maggior parte dei casi, i granuli vengono usati i estrusori monovite, mentre il dry-blend si usano in macchine biviti. La filiera dà al prodotto finito la forma desiderata.