Una volta creato il modello 3D in Inventor del corpo pinza e non essendo disponibile in questo programma un modulo per l'esecuzione di analisi ad elementi finiti abbiamo dovuto prendere in considerazione l'utilizzo di un diverso programma e la nostra scelta è caduta su CATIA, del quale avevamo già una certa familiarità avendolo utilizzato durante le esercitazioni. Come prima scelta abbiamo pensato di importare il modello attraverso un file con formato di interscambio step ma questa soluzione, oltre a non permetterci di modificare la forma del componente in tempo reale, non conserva le superfici curve continue come nel modello originale ma le spezza in più parti il che rende difficoltosa l'assegnazione di forze e vincoli in maniera precisa e introduce ulteriori fonti di errore. Per questi motivi abbiamo deciso di rimodellare nuovamente la parte anche in CATIA, l'operazione è risultata più veloce perchè avevamo riportato sul disegno cartaceo le quote rilevate in precedenza. Successivamente abbiamo definito un nuovo materiale nella libreria di CATIA avente le propietà dell'acciaio con cui nella realtà l'azienda costruisce la pinza e lo abbiamo assegnato al nostro modello 3D.
Prima di effettuare l'analisi è necessario studiare il componente per determinare i carichi a cui è sottoposto e le tipologie di vincolo con cui si interfaccia al mondo esterno.
Carichi: le uniche forze attive agenti sul corpo della pinza sono quelle generate dal pistone idraulico, consistono in una forza distribuita sulla superficie di appoggio del piattello inferiore sul quale poggia il rivetto durante la deformazione e in una reazione uguale ed opposta che nasce sulla filettatura alla quale è avvitato il pistone. Entrambe hanno risultante di modulo pari alla forza massima sviluppabile dal pistone.
Vincoli: Il particolare è collegato al mondo esterno unicamente attraverso un perno di collegamento posto nel foro passante presente nella parte posteriore, tra i due elementi sono interposti dei manicotti a sfere per permetterne la rotazione relativa e la traslazione lungo l'asse di collegamento, direzioni lungo le quali le sollecitazioni non hanno componenti non equilibrate. Per quanto riguarda la rigidezza flessionale del collegamento esso risulta molto rigido, inoltre si trova sufficientemente lontano dai punti che intendiamo studiare e quindi non ne influenza significativamente il valore. Per questi motivi abbiamo deciso di vincolare a terra con un incastro il foro di collegamento.
Una volta caricata la struttura abbiamo effettuato un'analisi di primo tentativo con mesh grossolana in modo da individuare visivamente le zone maggiormente sollecitate del componente.
La visualizzazione del risultato di default del programma (sforzi alla von-mises) nel nostro caso non ci fornisce un'indicazione corretta dei punti più critici in quanto tale criterio è adatto a componenti sollecitati staticamente. Più adatto ai nostri studi è la visualizzazione del valore assoluto del tensore degli sforzi pricipali, perchè proprio su tali sforzi si basa il criterio di resistenza a fatica e conoscere dove si hanno i valori assoluti massimi è una buona indicazione dello stato di sofferenza del materiale.
Nell'intorno delle zone più critiche abbiamo affinato la griglia di calcolo tenendo anche presente la dimensione delle parti in modo da ottenere risultati più accurati senza però incorrere in problemi computazionali derivanti da un infittimento eccessivo.
Ricalcolato il tutto con i nuovi parametri abbiamo provveduto a rilevare i tre sforzi principali nei punti del pezzo ritenuti più sollecitati, dati che abbiamo utilizzato nella verifica a fatica del componente. La valutazione alla stima dell'errore fornita dal programma ci ha assicurato la buona approssimazione dei risultati numerici.
Esempio di andamento spaziale dei valori positivi di σ primo nel componente.
Andamento temporale in un ciclo di carico