Il sito vuole essere un'esposizione degli obiettivi, delle problematiche e della progettazione di un generatore di vapore istantaneo che il nostro gruppo si è impegnato a portare a termine nel corso degli ultimi mesi. Tale richiesta è nata dell'esigenza di FARO S.p.A. di realizzare una nuova linea di autoclavi (per sterilizzazione) che ha reso necessario l'inserimento di un generatore di vapore che portasse "istantaneamente" l'acqua dallo stato liquido allo stato aeriforme.

FARO S.p.A. fu fondata nel 1948 da Osvaldo Favonio e tuttora progetta e produce apparecchiature destinate al costruttore di riuniti odontoiatrici, agli studi dentistici e ai laboratori odontotecnici. Negli oltre 5.000 mq coperti dello stabilimento di Ornago (MB) avvengono sia la produzione, sia la progettazione, sia la ricerca & sviluppo

Negli anni la Società ha conquistato la posizione di leader mondiale nel settore specifico: un ruolo ottenuto con l’impegno rivolto alla ricerca tecnologica, al design e alla capacità di comprendere le reali necessità degli utilizzatori finali. La qualità totale è assicurata dalla gestione interna dell’intero ciclo di produzione e da un qualificato ed efficiente servizio di pre e post-vendita.
L’esperienza FARO S.p.A. esprime al meglio l’orgoglio di un prodotto interamente realizzato in Italia.


obiettivi

Allo stato attuale Faro S.p.a. produce sterilizzatrici a vapore saturo umido realizzate in rame. Grazie alla elevata conducibilità termica del rame, il vapore necessario al processo di sterilizzazione viene ottenuto all'interno della camera stessa, iniettando direttamente l’acqua proveniente dal serbatoio. Nella nuova Autoclave in fase di progettazione la camera di sterilizzazione verrà realizzata in acciaio inox per cui, a causa della differenza di conducibilità, la metodica di evaporazione in camera diventa inefficiente e si rende necessario l’utilizzo di un generatore di vapore.


Scopo del progetto

Sviluppare un nuovo generatore di vapore istantaneo che rispetto alle soluzioni presenti sul mercato possa trattare, a parità di caratteristiche fisico-chimiche, un maggior numero di litri d’acqua prima di comprometterne la funzionalità.


Alternativa

Sviluppare un sistema che inserendosi nell’architettura dell’autoclave possa permettere al generatore di vapore di trattare un maggior numero di litri d’acqua prima di comprometterne la funzionalità.


Requisiti

REQUISITI MoSCoW
Temperatura del vapore in uscita: >150°C con una temperatura dell’acqua in ingresso minima di 15 °C. MUST
Portata acqua in transito: da 1 ml/sec a 10 ml/sec. MUST
MTTF: 700K iniezioni da 2ml oppure 1400 litri con l’utilizzo di acqua avente una durezza di 85 uS/cm (vedi acqua Minerale Naturale Norda). SHOULD
Tempo di transito: "istantaneo". MUST
Potenza massima: 2000 Watt. SHOULD
Dimensioni massime indicative: 60 x 60 x 100 mm esclusi gli attacchi per carico scarico ed alimentazione elettrica. COULD
La termoregolazione deve garantire la sicurezza e l’affidabilità del sistema anche nel funzionamento a secco. MUST
Target cost.: 40 Euro/cad considerando un ROI (Return On Investment) delle sole attrezzature di produzione a 5 anni. SHOULD
Fissaggio alla struttura autoclave: tale da permettere una rapida sostituzione sul campo con l’ausilio di utensili in uso comune. MUST
Temperatura massima ammessa sulle zone immediatamente prossime all’ancoraggio del generatore al telaio macchina: 50 °C. COULD
Connessione per l’acqua in ingresso ed in uscita idoneo al montaggio di raccordi con filetto 1/8’ Gas. SHOULD
VINCOLI MoSCoW
Vincoli per la sicurezza: conformità ai requisiti previsti dalla EN61010 e/o EN60335-1. MUST
Tensione di alimentazione: 230 Vac 50 Hz. MUST


Cliccare qui per scaricare il "Diagramma di Gantt" il quale mostra la pianificazione del nostro lavoro.

concept

il problema del calcare

Prima di cimentarci nella progettazione vera e propria del generatore di vapore, abbiamo preferito fare un passo indietro e quindi partire dalla radice del problema, cioè individuando le possibili cause che concorrono alla formazione del calcare. Tra le principali vi sono senza dubbio la durezza dell’acqua e la temperatura cui essa è sottoposta. Infatti, più l’acqua è dura e più alta è la concentrazione di ioni calcio e magnesio presenti in soluzione e più la temperatura si innalza e più viene destabilizzato l’equilibrio chimico che porterà, dagli ioni, alla formazione di un precipitato solido che è il calcare, appunto.

La soluzione da noi presa è stata quella di inserire un campo magnetico lungo il tratto d'ingresso dell’acqua all’interno dell’autoclave. I motivi di questa scelta verranno esposti in parte in questo paragrafo e in parte ripresi più avanti, quando verrà trattato il capitolo sulle prove sperimentali in modo da provare quanto qui detto.

Un primo vantaggio di questa soluzione è senza dubbio la sua azione non invasiva. I magneti, infatti, essendo posti all’esterno dei tubi di transito dell’acqua, non interagiscono direttamente con la stessa e quindi non ne alterano la composizione chimica. Essi intervengono invece sulle proprietà fisiche facendo in modo che il calcare non precipiti sotto forma di calcite, ma in una forma allotropica (aragonite) meno aggressiva nei confronti delle pareti delle tubazioni (si rimanda a fine pagina per una spiegazione più approfondita, “Considerazioni chimico-fisiche: effetto Piccardi”). Inoltre, lasciando l'acqua così trattata a riposo all'interno di un recipiente, è possibile apprezzare un calo della conducibilità della stessa, cosa che prova la diminuzione degli ioni disciolti all'interno della soluzione. Proprio per questo motivo abbiamo pensato di inserire questo sistema a monte del serbatoio di carico (si rimanda alla sezione Prove Sperimentali per un approfondimento più dettagliato).

Certamente la soluzione dei magneti non è stata la prima a essere stata pensata, ma è frutto di un lungo percorso di ricerca e di compromessi con i requisisti imposti dall’azienda. Si era inizialmente pensato di utilizzare filtri tradizionali (quali scambiatori ionici o dosatori di polifosfati), ma si è subito abbandonata l’idea perché se da un lato i filtri avessero rappresentato la soluzione più appetibile e largamente utilizzata, dall’altro avrebbero richiesto molta più manutenzione e cura (dovute, per esempio, alla continua ricarica dei sali nei filtri) senza quindi migliorare la disponibilità e l’autonomia della macchina. Da notare inoltre che una scelta degli scambiatori ionici sarebbe stata comunque bocciata sia per le dimensioni di ingombro sia perché avrebbero comportato una spesa considerevole: buoni scambiatori ionici hanno un costo che varia tra le centinaia e le migliaia di euro.

Volevamo trovare quindi qualcosa di più economico e che, soprattutto, desse continuità al funzionamento del sistema senza la necessità di continui interventi esterni dettati dall’utente. Per questo motivo, successivamente, avevamo deciso di inserire una resistenza elettrica all’interno del serbatoio di carico. Essa avrebbe avuto lo scopo di scaldare l’acqua fino a una temperatura di circa 80°C facendo precipitare precocemente il calcare, il quale sarebbe stato raccolto sul fondo del serbatoio stesso, garantendo così all’acqua circolante una minore concentrazione di calcare (avremmo infatti eliminato la sua durezza temporanea). Tuttavia la tempistica di questo processo si è dimostrata molto alta (intorno al paio d’ore, se non di più), e questo avrebbe inficiato l’immediato utilizzo della macchina, aspetto che doveva essere rispettato data l’esigenza quasi giornaliera di riempimento del serbatoio e quindi di cambio dell’acqua.

Per questo, in conclusione, la soluzione magnetica è stata un ottimo compromesso sia dal punto di vista economico sia da quello manutentivo. I magneti, una volta installati, non hanno bisogno di essere sostituiti per molto tempo.


il generatore

Con le migliorie apportate attraverso l’effetto di magnetizzazione dell’acqua che hanno permesso di diminuire quindi la problematica del calcare, abbiamo potuto progettare un generatore di vapore senza apportare grosse modifiche a quelli già esistenti sul mercato. Infatti, spendendo più tempo per ripensare a una soluzione ottima che migliorasse il sistema già a monte, ci ha permesso di semplificare la progettazione dei componenti di valle, tra cui nello specifico, quella del generatore di vapore.

Dopo un’attenta analisi di mercato abbiamo compreso che la struttura più semplice e compatta prevede una struttura cilindrica piena in acciaio al cui interno è posta una resistenza elettrica che funge da sorgente di calore. Sulla superficie esterna del cilindro si avvolge a mo’ di spirale una serpentina in acciaio che permette il transito dell’acqua (Fig. 2.1). Questa disposizione elicoidale fa sì che, a fronte di un avanzamento assiale, l’acqua resti più a lungo a contatto con la superficie calda così da ottimizzarne lo scambio termico e contenere le dimensioni del generatore stesso.


Fig. 2.1 - Vista interna della serpentina del generatore da noi proposto.


La scelta di questa configurazione nasce dalla problematica, riscontrata da Faro S.p.A. in alcuni generatori circolanti sul mercato, secondo cui vi è un accumulo di calcare soprattutto nelle sezioni di attacco in ingresso e uscita degli stessi. Infatti, come si può notare in Fig. 2.2, questi generatori presentano due attacchi i cui assi sono perpendicolari alla direzione tangenziale che l’acqua avrà una volta entrata nel generatore (direzione imposta da un canale ottenuto tramite fresatura direttamente sul corpo del generatore). Questo brusco cambio di direzione rappresenta una forte perdita di carico per il sistema che si traduce in una differenza di pressione che porta alla destabilizzazione dell’equilibrio chimico a favore di una massiccia precipitazione del calcare.


Fig. 2.2 - A sinistra, vista esterna del generatore. A destra, vista interna del generatore con la serpentina fresata. Si può notare come serpentina e assi degli attacchi abbiano un angolo di incidenza praticamente di 90 gradi.


Proprio per questo motivo dunque, abbiamo preferito pensare a una serpentina esterna, che potesse avvolgersi più “dolcemente” attorno al corpo centrale. Certo, questa scelta ha ovviamente lo svantaggio di diminuire la superficie si scambio termico e quindi di aumentare le dimensioni del generatore in termini di numero di spire e quindi di lunghezza, tuttavia quest’ultima rispetta comunque ampiamente i vincoli dettati dall’azienda.


*** EFFETTO PICCARDI ***

Il comportamento sopra citato riguardante la formazione di un precipitato sotto forma di una diversa forme allotropica della calcite si spiega attraverso l’effetto Piccardi, secondo cui l’acqua tende ad assume uno stato di attivazione determinato dall'energia che essa assorbe transitando all'interno del campo magnetico. L’energia così immagazzinata fa assumere uno stato più ordinato agli aggregati di molecole nell'acqua, per cui il carbonato di calcio precipita sotto forma di Vaterite (la cui struttura esagonale sarebbe altrimenti instabile), i cui cristalli rimangono in sospensione nella corrente fluida. Questi cristalli finissimi e di piccole dimensioni diventano nuclei di cristallizzazione poiché l'enorme superficie complessiva che ricoprono fa si che ogni ulteriore quota di carbonato di calcio che precipita si depositi ad accrescere questi piuttosto che sulle superfici del recipiente.

Quindi, in sintesi, l’energia che l’acqua riceve dal campo magnetico e che lentamente rilascia serve proprio a questo: alla formazione e all’accrescimento dei cristalli di Vaterite che rimangono in soluzione. Dunque, fin tanto che lo stato di attivazione perdura non si ha deposito di calcare sulle pareti. Successivamente, con l’accrescimento dei cristalli, la Vaterite tenderà a stabilizzarsi in Aragonite (prevalentemente) e Calcite (in minor quantità), restando comunque in soluzione.


generatore

Il generatore che noi proponiamo, come già anticipato nella sezione Concept, prevede una struttura cilindrica piena in acciaio al cui interno è posta una resistenza elettrica che funge da sorgente di calore. Sulla superficie esterna del cilindro si avvolge a spirale una serpentina in acciaio che permette il transito dell’acqua (Fig. 3.1 a). Questa disposizione elicoidale fa sì che, a fronte di un avanzamento assiale, l’acqua resti più a lungo a contatto con la superficie calda così da ottimizzarne lo scambio termico e contenere le dimensioni del generatore stesso. Infine, il tutto sarà avvolto da uno strato di isolante in vermiculite per aumentare l’efficienza dello scambio termico (Fig. 3.1 b), cercando di eliminare il più possibile perdite dovute a scambi con l’esterno, ma soprattutto per evitare che le zone prossime al generatore possano risentire di temperature troppo elevate che giungano a comprometterne le funzionalità. Per il dimensionamento del generatore si rimanda a fine sezione.


Fig. 3.1 - a) Vista serpentina interna del generatore. b) Vista generatore con isolante.


Per il fissaggio del generatore al telaio dell’autoclave, abbiamo pensato a un sistema semplice dotato di una staffa a “L” in acciaio imbullonata a una piastra isolante (in materiale termoplastico polifenilensulfide PPT) a sua volta collegata al generatore (Fig. 3.2 a). La presenza dell’isolante tra staffa e generatore è importante per evitare che una buona quota parte di calore fornito dalla resistenza si disperda per conduzione attraverso la staffa e conseguentemente al telaio.
Infine, sono stati pensati due fori (Fig. 3.2 b), in ciascuno dei quali verrà allocata una sonda termica per verificare la temperatura all’interno del generatore. Una di queste fungerà anche da sonda di sicurezza e avrà pertanto lo scopo di staccare l’alimentazione nel caso riscontri alcune anomalie derivanti dalla sonda principale.


Fig. 3.2 - a) Vista del sistema staffa più piastra isolante. b) Vista dei fori per passaggio delle sonde termiche.



Analisi statica

Ci accingiamo ora a condurre un’analisi statica tramite FEM del componente staffa, il quale è l’unico sottoposto a sollecitazioni esterne.
La staffa è vincolata nel foro in alto e caricata nei fori in basso (Fig. 3.3). I due fori risentono dunque della forza peso del generatore sottostante e del momento di trasporto dovuto al disassamento del baricentro rispetto al piano che contiene i fori.
Sempre in Fig. 3.3 è possibile vedere la mesh che abbiamo deciso di utilizzare. È una mesh molto fitta che conta un numero di elementi pari a 166558 e un numero di nodi pari a 253685.


Fig. 3.3 - Vista dei carichi applicati e della mesh utilizzata per l’analisi FEM. Elementi = 166558. Nodi = 253685.


L’analisi risulta verificata. Come è possibile vedere in Fig. 3.4, i risultati presentano uno sforzo massimo (di Von Mises) pari a 103,8 MPa in prossimità del vincolo, valore di molto inferiore a quello di snervamento. Il coefficiente minimo di sicurezza nella stessa regione infatti risulta essere pari a 1,99.


Fig. 3.4 - Risultati dell’analisi FEM: in alto, i valori degli sforzi equivalenti di Von Mises; in basso, i valori dei coefficienti di sicurezza.



dimensionamento

Per il dimensionamento del generatore di vapore abbiamo seguito un approccio di tipo energetico, andando a determinare il calore necessario per l’intero processo e conseguentemente calcolando la lunghezza della serpentina di transito.
Il passaggio del fluido è gestito da una pompa che genera impulsi cadenzati governati da una funzione onda quadra di frequenza compresa tra 5 e 10 Hz e alimentata a 24 Volt. Ogni iniezione, che equivale a 0,2 ml di fluido, riesce a percorrere tutto il generatore ed uscire alla temperatura appropriata prima che la seconda iniezione venga introdotta al suo interno. Durante il processo si possono identificare due macro fasi: pre-sterilizzazione e sterilizzazione. Durante la fase di pre-sterilizzazione la pompa lavora a regimi di pressione molto bassi (150 mbar), ma con frequenze degli impulsi molto elevate (la portata raggiunge il valore di 10 ml/s). Al contrario, durante la fase di sterilizzazione, si hanno impulsi meno frequenti, ma pressioni molto elevate (3,2-3,5 bar). Per il calcolo del calore da somministrare faremo riferimento alle condizioni critiche di quest’ultima fase, mentre per determinare la tempistica del processo prenderemo in considerazione la portata massica della fase precedente.

La trattazione che qui esponiamo è solo un piccolo riassunto dell’intero procedimento da noi svolto. Di seguito riportiamo infatti solamente i punti principali, analizzandoli per grandi linee. Per un a trattazione più rigorosa e dettagliata è possibile scaricare il file completo di procedimento, formule e commenti che riportiamo più in basso.

Come già anticipato, il primo passo è stato quello di calcolare il calore necessario per portare alla temperatura di 160 °C una singola iniezione d’acqua. Abbiamo stimato che occorrono circa 702,02 J, ma volendo porci in un margine di sicurezza, abbiamo deciso di maggiorare il risultato ipotizzando un’energia necessaria pari a 800 J. Successivamente, avendo a disposizione una potenza nominale di 2000 W, è stato possibile calcolare il tempo necessario al processo di circa 0,889 sec. Un risultato ottimo perché viene così rispettata l’istantaneità del processo (tutto avviene infatti in meno di un secondo).
A questo punto, imponendo la geometria di massima del generatore, abbiamo potuto calcolare la lunghezza della serpentina ottenendo un valore minimo pari a 709 mm. Anche in questo caso abbiamo voluto cautelarci, maggiorando la lunghezza e portandola a 759 mm.
L’ultimo passo è stato quello di calcolare il numero di spire che la serpentina dovrà compiere attorno al corpo centrale del generatore. La lunghezza è stata divisa per la circonferenza esterna del generatore, ottenendo così un numero di spire pari a 6,71. Tuttavia, è un valore che è stato ottenuto ipotizzando che la superficie di scambio termico interessata fosse tutta la superficie esterna della serpentina. Questo non è del tutto vero dal momento che non tutta la superficie rimane a contatto diretto con il corpo centrale. Per tenere conto di questo fatto abbiamo ipotizzato un coefficiente si scambio termico pari a 0,7 ottenendo conseguentemente un numero di spire pari a 9,59.

In definitiva, abbiamo optato per un generatore avente numero si spire pari a 9.5. Considerando un diametro esterno delle spire pari a 5 mm, si ottiene una lunghezza totale di circa 53 mm che resta comunque molto al di sotto del limite di ingombro imposto dall’azienda (100mm).

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Magneti

Oltre al generatore, abbiamo pensato anche a una soluzione per la realizzazione del supporto dei magneti, che sarà parte integrante dell’autoclave e fissata esternamente a essa. Dunque, oltre al supporto vero e proprio (Fig. 4.1 a) sarà previsto anche un coperchio esterno (Fig. 4.1 b).


Fig. 4.1 - a) Vista del supporto magneti. b) Vista del coperchio esterno.


La scelta di questa configurazione può essere meglio compresa dopo aver letto la sezione riguardante le Prove Sperimentali. Per ora limitiamoci a dire che nasce dall'idea di voler seguire un articolo che abbiamo trovato interessante e, come si avrà modo di vedere in seguito, soprattutto fondamentale perché, attraverso i dati presenti, ha reso possibile condurre un'analisi di ottimizzazione globlale dell'apparato magnetico.
Il sistema così pensato, quindi, prevede un supporto a U in ferro a cui verranno applicati 5 coppie di magneti. Ciascuna coppia sarà successivamente contenuta in una mascherina in plastica (Fig. 4.2), imbullonata al supporto, che avrà lo scopo di tenere fissi i magneti evitando che questi si possano spostare liberamente per un qualsiasi motivo. Soluzione molto comoda perché modulare ed economica.
Inoltre, ai capi del supporto a U, saranno posti altri due supporti in plastica che serviranno per il fissaggio del tubo in acciaio nel quale circolerà l’acqua prima di arrivare nel serbatoio di carico così da essere già trattata.


Fig. 4.2 - Mascherina in plasticaottenuta per termoformatura. Da questa vista è possibile osservare il sito di allocazione dei magneti.


Come già accennato poco sopra, abbiamo deciso di condurre anche un’analisi di ottimizzazione per verificare che la soluzione da noi proposta sia quantomeno prossima a una soluzione ottimale.
Affidandoci ad alcune formule presenti nell’articolo è stato possibile ottenere, tramite Matlab, il grafico in Fig. 4.3, nel quale viene mostrato l’andamento del rapporto [Ca2+]/[Ca2+]i (dove le due quantità rappresentano rispettivamente la concentrazione di ioni calcio dopo e prima il trattamento magnetico) a fronte di variazioni di lunghezza dell’apparato e del diametro del tubo di passaggio.


Fig. 4.3 - Grafico 3D in cui è possibile osservare l’andamento del rapporto [Ca2+]/[Ca2+]i rispetto alla variabili lunghezza e diametro (i cui valori sono espressi in metri). Si noti che più il rapporto è basso e più il trattamento è considerato efficace. La lunghezza fornisce una stima per quanto riguarda il numero di coppie presenti lungo il supporto. Più questo sarà lungo e maggiore sarà il numero di coppie. Vi sarebbe anche la velocità che concorrerebbe come variabile del problema, tuttavia, essendo la portata imposta dall’acquedotto, essa è direttamente ricavabile conoscendo il diametro del tubo.


Riportiamo di seguito alcuni grafici bi-dimensionali, ottenuti sezionando il grafico in Fig. 4.3 per alcuni valori di interesse. Interessante è il grafico ottenuto in Fig. 4.4 in cui è possibile osservare la presenza di un minimo che rappresenta il valore ottimale del diametro che teoricamente andrebbe scelto. Le due curve sono state ottenute sezionando il grafico in Fig. 4.3 a 260 mm e 208 mm. La necessità di inserire anche 208 mm come lunghezza nasce dall’esigenza dell’installazione del supporto anche su una seconda autoclave di dimensioni minori rispetto alla prima. Questa soluzione, pertanto, avrà quattro coppie di magneti, una in meno rispetto all’altra.


Fig. 4.4 - Grafico in cui sono rappresentate due curve bidimensionali ottenute sezionando il grafico 3D a 260 mm (versione lunga) e a 208 mm (versione corta). Gli asterischi rappresentano i minimi delle curve, mentre i cerchi rappresentano i valori ottenibili supponendo diametri di 1/8’’ e 1/4’’. Si noti come il secondo diametro sia preferibile al primo.


Se avessimo libertà di scelta, sceglieremmo il valore del diametro in corrispondenza dell’asterisco, tuttavia l’azienda ci consiglia l’utilizzo di un tubo di diametro di 1/8’’ (’’ si legge pollici), equivalente a 8.57 mm. Entrando nel grafico con questo valore si può comunque notare come il rapporto [Ca2+]/[Ca2+]i non sia lontano da quello ottimale (resta sempre sotto lo 0.8). Tuttavia, guardando meglio il grafico, ci sentiamo di proporre l’utilizzo di un tubo di diametro pari a 1/4’’ (equivalente a 11.45 mm) così da avvicinarsi al punto ottimale.

Passiamo ora all’ottimizzazione della lunghezza dell’apparato magnetico sezionando il grafico di Fig. 4.3 a 1/8’’ e 1/4’’. Le rispettive curve sono riportate in Fig. 4.5 a. In questo caso non è possibile stimare un minimo della curva perché essa presenta un asintoto orizzontale. Questo comportamento è facilmente spiegabile dal fatto che aumentando all’infinito la lunghezza si aumenta di conseguenza il numero di coppie di magneti. Il fluido risentirebbe, dunque, di un campo magnetico per molto più tempo riuscendone ad apprezzare maggiormente gli effetti.

Tuttavia, come si ha modo si osservare meglio in Fig. 4.5 b (che mostra le derivate delle curve), già dopo un valore di 450 mm si ha una riduzione della pendenza circa del 90% per 1/8’’ e del 97% per 1/4’’. Spingersi oltre questo valore avrebbe poco senso perché l’apprezzamento di variazione sarebbe poco significativo. Infatti, come già anticipato poco prima, la pendenza tende ad annullarsi preannunciando un asintoto orizzontale.
Tuttavia, sempre per ragioni di vincoli dettati dall’ingombro dell’attrezzatura, abbiamo dovuto scegliere lunghezze minori (260 mm e 208 mm, appunto). In ogni caso, entrambe le soluzioni proposte restano comunque sotto un rapporto [Ca2+]/[Ca2+]i di 0.8. Si noti inoltre come la curva a 1/4’’ sia migliore di quella a 1/8’’ per entrambe le lunghezze, a riprova di quanto detto nel paragrafo precedente circa il valore ottimale del diametro.


Fig. 4.5 - a) Grafico in cui sono rappresentate due curve bidimensionali ottenute sezionando il grafico 3D a 1/8’’ (versione consigliata dall’azienda) e a 1/4’’ (versione da noi proposta). I cerchi rappresentano i valori ottenibili supponendo lunghezze di 260 mm e 208 mm. Si noti come la seconda curva sia preferibile alla prima. b) Grafico in cui sono rappresentate le derivate delle curve precedenti che offrono una stima dell’inclinazione delle rette tangenti alle stesse. Si noti come già dopo 450mm si ha una pendenza di circa 5° (tg-1(0.1)) per 1/8’’ e di circa 1° per 1/4’’. Risulta pertanto evidente che spingersi oltre una lunghezza di 450 mm porterebbe a miglioramenti poco apprezzabili.



PROVE SPERIMENTALI

Al fine di verificare e testare in prima linea quanto letto su numerosi articoli circa l'efficacia degli anticalcari magnetici, abbiamo deciso di simulare il passaggio dell'acqua attraverso un sistema di magneti da noi realizzato e di condurre così due esperimenti: il primo che certificasse la minore aggressività del calcare sulle pareti, mentre il secondo che testimoniasse l’abbassamento della durezza dell’acqua lasciata a riposo.

Mediante l’azienda abbiamo procurato il materiale necessario:

- 10 magneti (circa 0.4 T, mis. 40x20x10 mm³ ciascuno);
- 1 supporto a U in ferro;
- 1 pompa in dotazione;
- 1 tubo in acciaio;
- 2 tubi in silicone.

Acqua utilizzata: acqua in bottiglia NORDA.

Per realizzare il sistema magnetico abbiamo deciso di affidarci, in particolare, a un articolo che abbiamo trovato molto interessante e soprattutto dettagliato. L'articolo in questione "MAGNETIC WATER TREATMENT FOR SCALE PREVENTION" è riportato a fine sezione dove è possibile scaricarlo tramite il link. Pertanto, abbiamo applicato i magneti sulle facce a sbalzo del supporto a U (Fig. 5.1), seguendo una configurazione cosiddetta "invertita". Questa configurazione prevede una disposizione dei magneti tale per cui i poli Nord e Sud di due magneti adiacenti siano opposti, come mostrato in Fig. 5.2.


Fig. 5.1 - Supporto a U in acciaio.



Fig. 5.2 - Vista in sezione del sistema a magneti invertiti.


Successivamente, con il resto dell'attrezzatura abbiamo simulato parte del circuito idraulico dell'autoclave come mostra la Fig. 5.3.


Fig. 5.3 - A sinistra, vista della pompa con i tubi di aspirazione e di mandata. A destra, vista dell'apparato magnetico con tubo di acciaio passante in mezzeria.


1° esperimento

Con il primo test abbiamo voluto provare in maniera qualitativa come il calcare formatosi dall'acqua trattata fosse effettivamente meno "aggressivo" sulle pareti. Per fare ciò, abbiamo fatto evaporare acqua trattata e non trattata all'interno di due differenti pentolini (Fig. 5.4), andando poi a sondare con una prova tattile quale dei due fosse meno incrostato.


Fig. 5.4 - A sinistra, incrostazione calcarea dell'acqua non trattata. A destra, incrostazione calcarea dell'acqua trattata.


Come si ha modo di vedere nel seguente video, il calcare nel secondo pentolino si è dimostrato molto meno aggressivo e, probabilmente, in buona parte scrostabile con un minimo risciacquo.




2° esperimento

Con il secondo test abbiamo voluto dare una valutazione numerica e più accurata di quanto schematizzato in precedenza, per avere questa volta un’idea quantitativa del miglioramento apportato. L’idea è stata quella di misurare la variazione della conducibilità tra l’acqua magnetizzata e non magnetizzata. Per fare ciò, abbiamo realizzato un apparato formato da un trasformatore (imponente una differenza di potenziale di 24 V), due recipienti identici con due elettrodi ciascuno (dello stesso materiale) ed un tester che permettesse di misurare la corrente passante attraverso il sistema (si veda Fig. 5.5 e il video sottostante).

Abbiamo versato in egual misura i due campioni d’acqua e i risultati ottenuti sono stati i seguenti:



Conoscendo inoltre la distanza degli elettrodi (d pari a 0.09 m), è stato possibile calcolare la conducibilità dei due campioni:




Fig. 5.5 - Prima versione apparato elettrico per la misura della corrente. È possibile notare: al centro il trasformatore (bianco). A sinistra la bottiglia d’acqua con i due elettrodi; a destra il tester (nero).





L’esperimento sembrerebbe così aver effettivamente confermato, come testimoniano diversi articoli scientifici, che a fronte di una magnetizzazione dell’acqua la sua conducibilità è diminuita. Questo significa che nell’acqua trattata è diminuita conseguentemente la quantità degli ioni disciolti in soluzione a fronte di una lenta e prematura nucleazione degli stessi.

Tuttavia, nonostante l’esisto sperato, i risultati così ottenuti non devono essere trattati come valori né affidabili né tanto meno esatti. Questo perché, eseguendo ulteriormente il test, variando per esempio la quantità d’acqua trattata, i valori ottenuti discordano non poco da quelli da noi sopra citati. Tuttavia, secondo il nostro parere, il “fallimento” del test è da ricercare in buona parte nella primitiva e forse inadeguata attrezzatura da noi usata durante l’esperimento (Fig. 5.5), cosa che ha reso irripetibile l'esperimento.

Pertanto, riportiamo di seguito uno degli articoli su cui abbiamo fatto affidamento per determinare i valori esatti che il nostro test avrebbe dovuto fornire. In esso sono riportati in maniera dettagliata numerosi grafici (tra cui i più importanti riportati in Fig. 5.6) che mostrano la variazione di conducibilità a fronte di cambiamenti di alcune variabili in ingresso (es. configurazione magneti, materiale tubi etc.); misure che ovviamente sono state fatte mediante una strumentazione più efficace ed adeguata, che noi purtroppo non potevamo avere.


Fig. 5.6 - Alcuni grafici tratti dall’articolo “MAGNETIC WATER TREATMENT FOR SCALE PREVENTION” che mostrano come la corrente attraversante l’acqua trattata sia sempre maggiore di quella non trattata.


In conclusione, questo esperimento ci ha fatto capire che, per ottimizzare al meglio l’effetto della magnetizzazione, sarebbe più corretto porre l’apparato magnetico prima del serbatoio di carico cosicché l’acqua possa giungere al suo interno già trattata, iniziando la nucleazione.

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